Cronaca / Lecco città
Domenica 30 Giugno 2019
Il Purgatorio del Teatro delle Albe
conquista il Ravenna Festival
Fino al 14 luglio la rassegna che richiama anche molti lecchesi
La messa in scena della seconda cantica della Commedia di Dante, il Purgatorio, proposta dal Teatro delle Albe di Ermanna Montanari e Marco Martinelli è stato uno degli eventi di maggior rilievo nell’ambito di Matera 2019, capitale europea della cultura, ricevendo critiche e commenti particolarmente favorevoli. Attualmente lo spettacolo va in scena (ultima rappresentazione il 14 luglio) nell’ambito del Ravenna Festival. La prestigiosa rassegna presieduta da Cristina Mazzavillani Muti, in questa trentesima edizione si è aperta con un concerto d’eccezione: l’esecuzione dei concerti per pianoforte e orchestra KV 449 3 KV 466 di Mozart con Maurizio Pollini alla tastiera e Riccardo muti sul podio.
Sono già diversi i lecchesi che, tramite internet, hanno acquistato i biglietti per assistere a questo straordinario spettacolo teatrale, che segue il pluripremiato Inferno del 2017. Spettacolo teatrale, si ribadisce, non lectura dantis. Ci troviamo di fronte a una drammaturgia compiuta e autonoma, con una scrittura scenica che, immergendosi nell’opera dell’Alighieri, si permette incursioni in ancor più vasti territori che giungono fino ai nostri giorni.
Dalle note di regia apprendiamo che l’intero percorso è segnato dalla domanda: “Si può ricominciare? Dopo un fallimento una sconfitta, una delusione. (…) Certo che si può”. Ma come? Per due volte in questo spettacolo che si richiama alle sacre rappresentazioni medievali, il pubblico viene fisicamente “segnato”: dagli angeli all’ingresso della prima cornice, e da Beatrice, all’uscita dal Paradiso terrestre, al termine della drammaturgia. In questo modo ogni singolo spettatore diviene egli stesso Dante che si inoltra in quel secondo regno/ dove l’umano spirito si purga/ e di salire al ciel diventa degno.
Tra questi due poli (l’attraversamento della porta che conduce al Purgatorio, e l’affacciarsi infine nel Paradiso Terrestre) si svolge un percorso scandito dalle terzine del sommo poeta magistralmente dette da Ermanna Montanari, che ci introducono alla visione di alcuni fra i canti più belli e significativi. Le visioni evocate nei suggestivi e antichi spazi della città romagnola e del teatro Rasi, squarciato dalle pur semplici scenografie, sono di una bellezza lancinante. Lo spettatore-Dante è accompagnato al cospetto delle vittime della violenza di padri e mariti narrate da Pia de’ Tolomei (un’intensa Alessandra Crocco), ad assistere ai racconti di papa Adriano V e re Ugo Capeto collocati nella cornice degli avari (Alessandro Arnagni, sinceramente pentito e Salvatore Tringali dai toni drammatici, ripettivamente), passando nel buio popolato dagli iracondi (Alessandro Renda è inquietante nel ruolo di Marco Lombardo), ascoltando il lamento dell’invidiosa Sapia (una frusciante Laura Redaelli) e diversi altri ancora, tutti bravissimi.
L’intero percorso si snoda in un crescendo di tableaux di forte suggestione, senza mai un attimo di smarrimento, costantemente tesi alla (ri)scoperta di una delle opere più alte dell’intera letteratura mondiale.
Martinelli e Montanari fanno anche teatro politico nel senso più alto e più nobile del termine, affrontando i temi della contemporaneità sociale nella quale siamo immersi, con gli strumenti propri della rappresentazione scenica. Ma, paradossalmente, non hanno bisogno di forzare la mano. Non ci dobbiamo quindi stupire se scopriamo che Dante è straordinariamente attuale quando parla di necessità di conservare gli alberi e la terra (notevole il sapiente richiamo visivo alla battaglia intrapresa da Greta Thunberg, la ragazzina svedese divenuta simbolo delle nuove generazioni), o quando tratta della vacuità di certi comportamenti volti ad accumulare ricchezze e a metterle in mostra. E mi piace sottolineare che i temi fortemente politici evocati nello spettacolo sono solamente quelli presenti nella Commedia scritta sette secoli fa: “Ahi serva Italia di dolore ostello...” mentre l’invenzione teatrale dei due attori-registi-drammaturghi, che si sono presi la libertà di inventare la cornice dei vermi e delle farfalle, è squisitamente poetica. Svetta la citazione, fra le altre, dal Teatrattico La Nuvola in calzoni dell’amato Majakovskij, “dite ai pompieri che sul cuore in fiamme ci si arrampica con le carezze” che viene gridato all’infinito da un bimbo con i capelli ricci.
Consolidando una fruttuosa collaborazione l’accompagnamento sonoro è affidato a Luigi Ceccarelli, che aggiunge emozioni musicali alle emozioni visive.
Il Ravenna Festival, e al suo interno, questo bellissimo spettacolo teatrale, sono una straordinaria occasione per tornare a visitare una città fra le più belle e ricche di testimonianze del passato, del nostro Belpaese.
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