«Il Codice degli appalti non funziona
Ora norme semplici e controlli severi»
Sergio Piazza, presidente di Ance Lecco e Sondrio: «Le leggi vanno fatte per gli onesti, invece vengono proposte procedure complicate che non servono a contrastare la corruzione»
«Che il Codice degli appalti che non abbia funzionato è evidente, perché se per riuscire a fare le opere entro il 2026 si è costretti ad affidarne la gestione a commissari, significa che la norma non funziona».
Il presidente di Ance Lecco e Sondrio, Sergio Piazza, non nasconde le perplessità nei confronti del documento che in questi giorni sta suscitando polemiche a livello nazionale, stanti le discussioni che vertono sulla proroga delle deroghe al Codice stesso.
«L’errore di fondo è uno solo: il Codice andrebbe pensato come le leggi che regolano i rapporti tra le imprese e la pubblica amministrazione, non come una normativa contro la mafia e la corruzione. Per questi fenomeni servono interventi legislativi ad hoc, tanto è vero che il Codice degli appalti non ha risolto alcuno di questi problemi».
Questo, secondo il referente degli edili del territorio, «è un testo che dovrebbe normare i rapporti tra due contraenti, partendo dal presupposto che siano onesti, ma nell’interpretazione che ne si è voluto fare diventa solo una complicazione ulteriore dei procedimenti. E, tanto per essere chiari, le cose diventano più complicate in particolare per gli operatori che rispettano le regole. Ho sempre detto, e lo ribadisco in questa occasione, che le bisogna fare le leggi per le persone oneste e le pene per quelle disoneste. Traducendo, servirebbe un Codice degli appalti molto semplice, affiancandone l’applicazione con controlli severi accompagnati dalla certezza di pene adeguate».
In questa particolare fase, con l’urgenza di rispettare determinati termini per l’esecuzione degli interventi, sorge il problema di come fare. «Si dovrà per forza di cose ricorrere ai commissari: un passaggio che io reputo magari necessario, ma comunque sbagliato. Perché operare in deroga sta a significare che l’impianto normativo non è adeguato. Anche l’applicazione in Italia delle procedure europee non è corretto, perché noi abbiamo specificità, riguardo la dimensione delle imprese, che il resto del continente non ha».
I sindacati si sono messi di traverso e hanno minacciato lo sciopero generale. «Il subappalto in sé non è negativo, lo è quando diventa “strozzinaggio”, con le grandi imprese che affidano lavori a piccole realtà imponendo loro condizioni economiche insostenibili. Anche in questo caso servirebbero regole di controllo adeguate. Se il problema è costituito dal massimo ribasso che rischia di riflettersi sulla sicurezza e sui diritti dei lavoratori, allora si provveda a verificare che queste condizioni siano assicurate».
Cambiare la burocrazia in Italia, comunque, è un processo articolato. «Richiede tempo, ma è ora di iniziare. Bisognerebbe procedere con l’introduzione graduale di paletti. E’ un percorso da intraprendere, perché sono convinto che più dei 200 miliardi concessi dall’Europa, all’Italia farebbe bene una vera sburocratizzazione».
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