Generare e coltivare valore. Trent’anni di Fondazione Cariplo
L’incontro L’11 luglio al Mediacenter de L’Eco di Bergamo, Cariplo ha incontrato i rappresentanti delle fondazioni di comunità e delle associazioni che hanno beneficiato dei fondi per promuovere progetti sociali, culturali e ambientali nelle province di Bergamo, Como, Lecco e Sondrio
«È stato costruito un patrimonio importante che ha messo in moto una quantità enorme di persone e di progetti, generando valore e rispondendo ai problemi dei territori lombardi. L’augurio è che, in un futuro ancora così incerto, le comunità territoriali continuino ad essere promotrici di legami in grado di aiutare chi continua ad avere bisogno». Con queste parole il presidente di Fondazione Cariplo Giovanni Fosti ha tratteggiato i trent’anni di attività della Fondazione, provando anche a lanciare uno sguardo verso le prossime sfide che l’aspettano.
I numeri di Fondazione Cariplo raccontano di 35mila progetti finanziati dal 1992 ad oggi, per un valore complessivo di oltre 3,5 miliardi di euro. Donare per accogliere le richieste di aiuto che arrivano del territorio, ma soprattutto per sperimentare nuovi approcci e creare nuove sinergie, capaci di generare progetti in grado, nel tempo, di autofinanziarsi per arrivare là dove le istituzioni mancano. È questo il senso dell’attività di Fondazione Cariplo, che pochi anni dopo la sua costituzione, alla fine degli anni Novanta, grazie a un’intuizione dell’allora presidente Giuseppe Guzzetti, ha dato il via alla costituzione delle Fondazioni di Comunità in tutte le province lombarde.
«Chi ha governato Fondazione Cariplo in quegli anni – ha detto il presidente Fosti – è stato molto attento innanzitutto a rispondere alle richieste dei territori. Dopodiché la Fondazione ha imparato a formulare delle proposte, prendendosi da una parte la responsabilità di analizzare ciò che serviva ai territori, mettendo a disposizione risorse a favore di chi si impegnava a realizzare ciò che la Fondazione Cariplo intendeva rilevante, e dall’altra invitando tutti i soggetti a scegliere le priorità sulle quali intervenire».
Un passaggio culturale importante, che ha aggiornato l’idea della donazione, vista non più soltanto come una «semplice» risposta a un bisogno, ma come occasione per affrontare i bisogni in maniera strutturale e, dunque, più duratura.
A Bergamo, «Un aiuto per l’Ucraina»
È un dialogo aperto da tempo, quello tra la Fondazione della Comunità Bergamasca e la Caritas diocesana di Bergamo, che già anni fa si era concretizzato con la destinazione di sussidi da parte della Fondazione per il compimento di alcuni progetti di sostegno alle persone in condizioni di fragilità. All’inizio del 2022, con lo scoppio della guerra in Ucraina, il rapporto si è ulteriormente rafforzato grazie all’idea di unire le rispettive forze attorno a un progetto comune: la sottoscrizione «Un aiuto per l’Ucraina», promossa insieme a L’Eco di Bergamo per sostenere l’accoglienza e l’inserimento nelle comunità locali di decine di famiglie in fuga dal conflitto. Tramite questa iniziativa, tuttora attiva, sono stati raccolti un milione e 400mila euro, grazie anche a un sostanzioso contributo di Fondazione Cariplo.
Quest’anno la raccolta «Un aiuto per l’Ucraina» ha coinvolto enti, associazioni, ordini professionali, aziende e soprattutto migliaia di cittadini che hanno reso possibile con le loro donazioni l’avvio di numerosi progetti. Un’opera di accoglienza che non si è limitata all’offerta di vitto e alloggio ma che ha saputo garantire ai profughi ucraini un percorso d’inserimento nelle comunità locali, con progetti di integrazione destinati sia agli adulti che ai ragazzi, dai corsi d’italiano ai contributi per l’inserimento nei centri ricreativi estivi organizzati dalle parrocchie, fino alla presa in carico per oltre un mese dei 94 piccoli orfani arrivati il 20 marzo scorso all’Hotel Posta di Rota Imagna.
«Oggi la situazione è ancora delicata – ha spiegato don Roberto Trussardi, direttore della Caritas, nell’incontro di lunedì pomeriggio – in Caritas si stanno presentando persone che in questi mesi hanno accolto loro connazionali in casa, ma che ora non sono più in grado di farlo, per questioni di spazio e di organizzazione. È a queste famiglie, adesso, che dobbiamo riuscire a dare delle risposte».
«Como Lariomania»: territorio, prodotti e turismo slow
Rigenerare terreni in abbandono, che con il tempo hanno sviluppato problemi di dissesto idrogeologico, per riportare nell’area della Tremezzina, nel Comasco, un’agricoltura in grado di raccontare il territorio con prodotti di qualità da far conoscere soprattutto ai turisti. Ha questo scopo, ma anche l’ambizione di far lavorare persone che hanno bisogno di essere reintrodotte nel mondo del lavoro, il progetto «Como Lariomania», finanziato grazie a un contributo di 230mila euro di Fondazione Cariplo.
A promuoverlo sono quattro cooperative della provincia lariana, che hanno condiviso un progetto triennale che prevede l’inserimento lavorativo di una decina di persone. «L’idea sulla quale lavoriamo è proprio quella di recuperare questo spicchio di territorio, ampio circa due ettari, con il desiderio di poter un giorno esportare questa esperienza anche altrove – spiega Federico Raveglia, uno dei coordinatori del progetto –. Puntiamo, in particolare, sulle nuove tendenze del turismo slow e sulle tendenze dell’agro eco-turismo, affidandoci a colture redditizie, che possano far scoprire il territorio e generare esperienze positive».
Coltivare valore, dunque, nel vero senso della parola: è questa la sfida di «Como Lariomania», ma anche della Fondazione della Comunità Comasca, nata nel 1999 su sollecitazione di Fondazione Cariplo per raccogliere e tramandare le linee guida e i principi basati sulla filantropia e sul sostegno delle comunità locali. Nella provincia lariana lo stimolo fu raccolto dalle tre banche di credito cooperativo (di Cantù, Alzate e Lezzeno), che contribuirono a vincere la prima sfida, quella della costituzione di un organismo nuovo. «Oggi come allora – dice il presidente della Fondazione, Angelo Porro – condividiamo con Fondazione Cariplo tanti principi. Lo abbiamo sempre fatto e continuiamo a farlo realizzando sinergie sul territorio tra enti e persone».
In trent’anni di attività in provincia di Como, la Fondazione Cariplo ha reso possibile l’avvio di centinaia di progetti più o meno sostanziosi dal punto di vista economico: «Parlando di grandi iniziative – ricorda Enrico Lironi, comasco, consigliere d’amministrazione di Fondazione Cariplo – non dimentichiamo il Distretto culturale del centro lago, l’intervento su Villa Olmo e quello sul polo tecnologico di Como Next». Ma sono numerosi anche gli interventi a sostegno del volontariato e delle varie associazioni che svolgono un’attività meritoria.
A Lecco, la «grammatica» dell’accoglienza della Casa San Girolamo
A Somasca, tra il Lago di Como e il Resegone, c’è una casa famiglia che da 15 anni ospita bambini e ragazzi non ancora maggiorenni che sono stati allontanati dalle loro famiglie. Il tribunale li ha affidati formalmente a Carlo Alberto Caiani e alla moglie, che li ospitano in una grande abitazione insieme ai loro tre figli, che oggi hanno 14, 16 e 19 anni.
L’esperienza di questa famiglia è un po’ la storia della Fondazione Somaschi, di cui papà Carlo Alberto è direttore generale. Negli anni lui e la sua famiglia hanno ospitato 58 ragazzi: «Ma non siamo gli unici a farlo – tiene a precisare – sul territorio ci sono altre tre case gestite dai Padri Somaschi. Da noi i ragazzi possono fermarsi per un breve periodo, se sono particolarmente piccoli e dunque avviati a un inserimento in una nuova famiglia, oppure per tanto tempo, anche fino a dopo la maggiore età, e fino a quando non sono in grado di costruirsi una vita indipendente. C’è anche qualcuno che fa rientro nelle famiglie d’origine, ma sono casi più rari».
Il progetto di Casa Famiglia-Casa San Girolamo della Fondazione Somaschi è tra quelli che da anni riceve un sostegno da parte di Fondazione Cariplo e della Fondazione di Comunità. «Il nostro figlio affidatario più piccolo, oggi, ha solo 4 anni – dice ancora Caiani –, la più grande quasi 17. Durante il lockdown la nostra comunità si trasformava, a seconda della giornata, in una multi-classe, in un centro di aggregazione giovanile e in una trattoria. Per i più piccoli si è trattato di un gioco, gli adolescenti invece hanno pagato un prezzo molto alto. Ed è solo stando a contatto continua mente con questi ragazzi, che è possibile cogliere da vicino la “grammatica” dell’accoglienza».
La Fondazione della Comunità lecchese fu la prima ad essere fondata in Lombardia, nel 1999; solo qualche mese dopo arrivò anche quella della provincia di Como poi, via via, tutte le altre. «Il nostro territorio è ricco di iniziative, di associazioni, realtà del terzo settore e ha alle spalle un’esperienza di collaborazione tra gli enti del territorio collaudata – spiega la presidente Maria Grazia Nasazzi –. Le realtà della provincia di Lecco lavorano in rete da tempo, condividendo progetti per costruire insieme processi o percorsi. Dopo il Covid abbiamo sottoscritto diversi protocolli d’intesa con importanti enti del territorio, insieme ai quali abbiamo aperto dei fondi da utilizzare per progetti condivisi. L’ultimo è stato quello per il progetto “Arti dal Vivo”, che ha sostenuto iniziative di musica, danza, arte e teatro, i comparti più penalizzati dalla pandemia. Si è trattato di un fondo alimentato, come altri, anche dai Comuni e associazioni».
A Sondrio, un «corridoio ecologico» per tutelare gli ambienti acquatici
Un corridoio ecologico dal Po fino alle sorgenti del fiume Adda. È il sogno nel cassetto dell’Unione Pesca Sportiva della provincia di Sondrio, l’associazione di pescatori che in Valtellina lavora per tutelare gli ambienti acquatici, con progetti salvaguardia delle specie ittiche della zona. Iniziative che vengono sostenute anche grazie ai fondi di Fondazione Cariplo e della Fondazione comunitaria.
«La nostra associazione – ha detto Giorgio Lanzi – gestisce tutte le acque della provincia di Sondrio e il nostro obiettivo è quello di ripristinare, dove possibile, le condizioni ambientali migliori. In quest’ottica abbiamo sviluppato progetti volti a riaprire i corridoi fluviali, dando la possibilità alla fauna ittica, che nella nostra zona è di particolare pregio, di migrare nel Lago di Como come succedeva una volta. Purtroppo la situazione attuale è fortemente antropizzata, a causa della formazione di centrali idroelettriche e briglie. Lavoriamo dunque cercando di ripristinare questi corridoi».
© RIPRODUZIONE RISERVATA