Cronaca / Lecco città
Giovedì 24 Novembre 2016
Economia condivisa
L’artigianato si sta attrezzando
Vacanze, casa, ufficio, cultura, automobile, le aziende che beneficiano della sharing economy
Rinunciare alla propria auto e abbonarsi a un servizio di car sharing è la forma più conosciuta di quell’economia collaborativa, di condivisione, o “circolare” (le definizioni in inglese e italiano si sprecano) che in realtà si sta diffondendo in una lunga serie di altri ambiti e sempre più spesso con quelle finalità di lucro che attirano sempre di più le micro e piccole imprese.
Fra queste ci sono le aziende artigiane che attraverso la sharing economy possono vendere direttamente e su scala globale (ad esempio sulla piattaforma Etsy) i loro prodotti, saltando ogni intermediazione.
Oppure, anche se nel Lecchese ciò è un po’ più difficile, nel mondo artigiano si utilizzano anche piattaforme in cui trovare dei partner per acquistare un macchinario costoso e condividerne spese e utilizzo. E’ il mondo vario di quell’economia circolare che ad esempio a Lecco, con la piattaforma artigiana di “Aperto per ferie” mette a fattor comune le possibilità di intercettare nuovo business.
Su quasi 14mila imprese lecchesi attive nei settori potenzialmente interessati ai guadagni della sharing economy quelle artigiane sono 5.072 e queste, a loro volta, rappresentano il 56% del totale delle imprese artigiane della provincia.
I settori più frequentati da chi offre, chi acquista (o utilizza) e chi fa da intermediario (i grandi portali web, che ricevono percentuali) sono quelli del turismo e dell’abitare (su piattaforme come Airbnb, Tripwell, Bedycasa, Homelink, Standbymi, OneFineStay, Casanoi, Materest, Wework, Deskwanted), della conoscenza condivisa per settori come cultura o corsi di formazione (Teatropercasa, Myhomegallery, Coursera, Udacity, Udemy, Trach41Team, Dooify), della cucina (Vizeat, Gnammo, Mychefhome, Eatwith, Shareyourmeal), della mobilità (Blablacar, Nuride, Autoincomune, Clacsoon, Carpooling, Salisquare, Cango, Youpony) e del mare aperto dello scambio di beni di consumo (Musecretdressingroom Babybrum, Biblioshare, Leihbar, Locloc) e dei servizi alle imprese (Upwork, Freelancer, Eden Mccallum, Innocentive, Makeitapp, Timerepublik, Appsquare, Hopwork).
E’ tuttavia evidente come se da un lato i consumatori hanno accesso a prodotti e servizi a costi più bassi di quelli di mercato, dall’altro la sharing economy dia un duro colpo a tanti settori economici, come ha mostrato, ad esempio, la rivolta dei tassisti italiani contro Uber o il malumore degli albergatori verso Airbnb. La questione è all’attenzione delle associazioni di categoria, che tuttavia riconoscono, fa sapere l’ufficio studi di Confartigianato, che “le modifiche dei processi di creazione di valore introdotti dalla sharing economy possono determinare nuovi modelli di sviluppo imprenditoriale”.
La via maestra passa dall’uso avanzato del digitale, che ha diffuso le piattaforme di collaborazione capaci di determinare “modifiche di ampia portata su numerosi mercati, compresa la creazione di nuovi modelli di business”.
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