Donato un nuovo ecografo al Manzoni

Un ecografo di ultima generazione per l’identificazione precoce dell’amiloidosi cardiaca, ovvero una malattia che veniva considerata rara e che, invece, grazie al miglioramento dell’inquadramento diagnostico, risulta essere molto frequente nei pazienti con insufficienza cardiaca (a funzione ventricolare sinistra preservata) e nei pazienti con stenosi aortica. Una malattia che rischia di uccidere il paziente in pochi mesi o anni, per intenderci. Attualmente esistono farmaci mirati in grado di bloccare la progressione della malattia, ma bisogna, appunto, riconoscerla in tempo. Così la donazione dall’azienda farmaceutica Pfizer di un ecografo portatile Esaote di ultima generazione, dotato di un innovativo software integrato con l’intelligenza artificiale, in grado di identificare precocemente i pazienti affetti da amiloidosi cardiaca, diventa fondamentale.

Andrea Farina, direttore della struttura complessa di Cardiologia di Asst Lecco non ha dubbi: «L’implementazione della strumentazione già in uso con questo nuovo ecografo di ultima generazione permetterà di identificare sempre più precocemente tale malattia, consentendo un avvio tempestivo delle cure specifiche. Le ridotte dimensioni dell’ecografo permetteranno, inoltre, il suo utilizzo anche al letto del paziente, rendendo sempre più agevole il percorso di cura dei nostri pazienti».

E Roberto Spoladore, responsabile dell’ambulatorio Cardiomiopatie Primitive di Cardiologia Asst Lecco, è convinto che «la disponibilità di un software di ultima generazione integrato in questo nuovo ecografo consentirà di identificare in modo estremamente veloce ed efficace i pazienti affetti da amiloidosi cardiaca, evitando in molti casi di ricorrere all’uso di metodiche di imaging più sofisticate e meno facilmente accessibili in tempi brevi. Si accelererà così sensibilmente il percorso diagnostico-terapeutico dei nostri pazienti, garantendo un avvio sempre più tempestivo di terapie mirate e un impatto favorevole sulla prognosi». Ma facciamo un passo indietro e cerchiamo di capire cosa sia l’amiloidosi cardiaca: si tratta di una patologia in cui proteine anomale, chiamate amiloidi, si accumulano all’interno del tessuto cardiaco (oltre che in altri organi, come sistema nervoso centrale, intestino, rene), compromettendo la funzione del cuore. Queste proteine si depositano all’interno delle pareti del cuore, rendendole più spesse, il che ostacola la capacità del cuore di contrarsi e di rilassarsi correttamente. Di conseguenza, il cuore fatica a pompare il sangue in modo efficace, portando a sintomi tipici dell’insufficienza cardiaca, come affaticamento, difficoltà respiratorie e gonfiore alle gambe. Esistono diverse forme di amiloidosi cardiaca, ma le più comuni sono l’amiloidosi Al (da catene leggere) e l’amiloidosi Attr (da transtiretina). La diagnosi è complessa e richiede tecniche specifiche come l’ecocardiogramma, la risonanza magnetica, l’imaging nucleare e la biopsia.

Se non prontamente riconosciuta e trattata, la prognosi è generalmente sfavorevole. La velocità di progressione della malattia e l’aspettativa di vita dipendono dal tipo di amiloidosi. Nell’amiloidosi Al, che è spesso più aggressiva, la prognosi senza trattamento può essere di soli 6-12 mesi. L’amiloidosi Attr tende a progredire più lentamente, ma comunque riduce l’aspettativa di vita se non trattata.

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