Dal Manzoni alla passione per il cinema. L’intervista a don Davide Milani

Il prevosto di Lecco si racconta al nostro giornale e traccia un bilancio della sua esperienza. Dal primo settembre prenderà servizio in Vaticano

«Bisogna smetterla di cercare di stare bene e cominciare a fare il bene». Questa citazione di Alessandro Manzoni, don Davide Milani l’aveva ricordata nella prima intervista rilasciata al nostro giornale. Ci siamo tornati sopra nell’incontro di domenica mattina, un’occasione per riflettere sul nuovo incarico che dal 1 settembre prossimo porterà il prevosto di Lecco ad un nuovo incarico di prestigio in Vaticano.

Le parole di Manzoni possono essere interpretate come il viatico con cui si avvia al nuovo incarico romano?

Sono il criterio con cui vivo questa obbedienza. Intendiamoci, nessuno mi sta tirando con la corda, ma la necessità di “fare il bene” è la molla che mi conduce verso la nuova esperienza. Altrimenti chi mi avrebbe spostato da Lecco? Ho qui la mia famiglia, sono stato accolto a braccia aperte, per cui se volessi star bene e basta, di qui non mi muoverei più. Ma, come succede ad Abramo nella lettura della messa di ieri, per amore di Dio dobbiamo lasciare le nostre certezze; è necessario obbedire per un bene più grande.

Questo “bene più grande” la porta a Roma. Si tratta di cominciare un nuovo capitolo della sua vita di sacerdote?

A 56 anni devo ricominciare daccapo. Dopo dodici anni di curia volevo fare il parroco, ma ecco arrivare un incarico completamente nuovo. Come mi ha detto il cardinale Tolentino de Mendonça, questa è una fase della maturità in cui è necessario fare una nuova sintesi del tesoro di esperienze accumulate. Anche l’arcivescovo Mario Delpini mi ha molto incoraggiato. E, come ha detto ancora il cardinale, è merito anche di Lecco e dei lecchesi se sono stato ritenuto degno di questa nuova esperienza.

Lei sarà ricordato per aver “inventato” manifestazioni come il “Lecco Film Fest”, “Capolavoro per Lecco” ed aperto una nuova sala cinematografica. E’ un ricordo che le rende merito?

In questi giorni, incontro da una parte la comunità cristiana che ricorda la mia attività pastorale, e dall’altra il resto della città che non conoscendo quel pezzo vede solo quelle iniziative. La verità è che in questi anni il 90% del mio tempo è stato dedicato alla vita delle parrocchie della Comunità Pastorale Madonna del Rosario e del Decanato, mentre al resto ho riservato il restante 10%. Quello che abbiamo voluto fare con il cinema piuttosto che con l’arte è stato aprire la chiesa al “resto del mondo”; far uscire la chiesa in mezzo alla gente.

Ci vuol parlare della sua passione per il cinema?

Sfatiamo un luogo comune: non sono nato con l’amore per il cinema. La bellezza di quest’arte l’ho scoperta quando ero coadiutore a Brugherio. Da lì è partito tutto. A Lecco è nata prima l’idea del Lecco Film Fest rispetto alla sala del Cinema Nuovo Aquilone. Il desiderio era quello di usare il cinema per aprirsi alla città ed in questo abbiamo trovato il grande appoggio di Confindustria Lecco Sondrio con il suo presidente Lorenzo Riva. E’ stata un’idea vincente, visto che quest’anno, la quinta edizione durerà un’intera settimana. Altra storia è quella della sala cinematografica. C’era la sfida del nuovo oratorio da costruire ed oggi possiamo dire che l’abbiamo vinta, visto che a fine anno sarà inaugurato. L’idea della sala cinematografica è nata dal basso. Milo Negri, che per anni fu responsabile del cinema dell’oratorio, mi fece vedere quella sala ormai abbandonata e mi resi conto subito che era bellissima. Da lì è partita una un’esperienza comune che ha portato ad aprire il Cinema Nuovo Aquilone senza ostacolare l’apertura del nuovo oratorio. Ora viviamo un’esperienza straordinaria testimoniata dagli oltre cento volontari che ne sono la colonna portante. Oggi quella sala è il luogo che sa porre a tutti le domande giuste.

Il “Capolavoro per Lecco” punta alla bellezza dell’arte come occasione di riflessione sulla nostra esistenza. Come è nata questa proposta?

La notte di Natale del 2018 era la prima che passavo a Lecco da prevosto. Mi sono reso conto che c’erano due Lecco: quella dei regali e degli aperitivi e l’altra che si trovava in basilica. Mi sono chiesto come far incontrare queste due città. Il “Capolavoro per Lecco” è nato proprio dal desiderio della comunità cristiana di incontrare, attraverso l’arte, l’altra città. Ci siamo riusciti? Credo che le oltre 50 mila persone che hanno visitato il “Capolavoro” in questi anni dicano di sì. Ma quello che conta è che sta generando centinaia di volontari che si riconoscono in questa proposta.

Quando lei è arrivato a Lecco non c’era la Casa della Carità e nemmeno l’Oratorio. Ora ci sono tutte e due, cosa significa per Lecco?

Non stiamo costruendo la cittadella della fede. Avremo una piazza aperta a tutti perché è la dimostrazione del lavoro di una fede che trasforma il quotidiano. La chiesa sta dentro la città mettendosi al suo servizio e mostrandosi aperta e capace di ascoltare. Vivere l’esperienza della fede è portare l’esperienza di Cristo là dove vivi. In questo modo la città sarà più ricca.

Tutto questo senza di lei continuerà?

Sono partiti dei processi e sono fiducioso che andranno avanti.

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