Crollo del ponte di Annone: «Anas non ha responsabilità penale»

Per i giudici della V sezione penale della Corte d’Appello di Milano, la riqualificazione del reato di omicidio colposo in omicidio stradale sarebbe stata una forzatura. Intendere in senso estensivo la norma introdotta nel Codice penale – con l’articolo 589 bis – sarebbe stato fuorviante, in quanto la revisione del Codice della strada è stata pensata per inasprire le pene nei confronti di quella che viene definita “criminalità stradale”, ossia automobilisti responsabili di incidenti mortali perché alla guida sotto l’effetto di sostanze stupefacenti o alcol, distratti al telefono cellulare o irrispettosi dei limiti di velocità. Il crollo di un ponte su una strada che provoca la morte dello sfortunato automobilista di passaggio non può dunque configurare il reato di omicidio stradale, bensì quello di omicidio colposo. E, in questo caso, è intervenuta la prescrizione.

È apparso subito evidente, lo scorso mese di aprile, che a far la differenza, nella sentenza del processo d’Appello derivato dalla tragedia del crollo del ponte di Annone, che fa data 28 ottobre 2016, era stata la riqualificazione del reato di omicidio stradale (che è punito con pene molto severe, che possono arrivare fino a 12 anni) in colposo. Le motivazioni del dispositivo, depositate nei giorni scorsi, ora lo confermano.

Ridimensionate, e non di poco, le responsabilità di tecnici e funzionari finiti a processo, assolto Giovanni Salvatore, dirigente Anas e responsabile della statale 36 (in primo grado era stato condannato a 3 anni e 6 mesi). Ridotta a un anno e 4 mesi la condanna, con sospensione condizionale e non menzione, per Andrea Sesana, funzionario del settore viabilità della Provincia di Lecco (3 anni in primo grado), più che dimezzata infine la condanna per Angelo Valsecchi, all’epoca dei fatti dirigente della Provincia di Lecco: un anno e 8 mesi contro i tre anni e 8 mesi di Lecco. Nel settembre del 2021, era stata pronunciata la sentenza di primo grado con la quale, oltre alle tre condanne, era stata disposta l’assoluzione di Silvia Garbelli, la funzionaria della Provincia di Bergamo che firmò il permesso al transito del tir della Nicoli Trasporti di Albino (Bergamo), il cui passaggio fece crollare il ponte.

Nelle 84 pagine di motivazioni, oltre a una lunga disamina sulla qualificazione del reato da contestare per la morte di Claudio Bertini, l’ex insegnante di educazione fisica residente a Civate rimasto ucciso, a bordo della sua auto, dal crollo del cavalcavia, i giudici esaminano altri aspetti della sentenza di primo grado, come quello della responsabilità penale in carico a Salvatore sul punto. Assolto anche da questa ipotesi reato perché, permanendo l’indeterminatezza sulla effettiva proprietà del ponte e condividendo la lettura del Tribunale di Lecco che ha posto in capo ad Anas gestione e manutenzione, ne sarebbe però discesa una “conseguenza giuridicamente inesatta sotto il profilo della responsabilità penale. L’obbligo giuridico di impedire l’eventuale conseguenza dell’omessa manutenzione non è previsto”. Non è prevista, dalle nostre leggi, una responsabilità penale societaria. Si può procedere civilmente, ma non penalmente. Di conseguenza, assumere che tale responsabilità – insussistente, per i giudici – si possa trasmette dalla società ai responsabili pro tempore (come Salvatore) sarebbe stata un’ulteriore stortura giuridica.

© RIPRODUZIONE RISERVATA