Cronaca / Lecco città
Sabato 07 Novembre 2020
Coronavirus
«L’unica cura efficace
resta la prevenzione
c’è chi non lo capisce»
L’intervista Mario Tavola, primario di Rianimazione dell’ospedale Manzoni di Lecco
«L’unica cura? La prevenzione. Pare desolante, ma è così». Parola di Mario Tavola, primario di Rianimazione . Dieci letti sempre occupati dall’inizio della seconda ondata. Un uomo in trincea con le sue risicate, ma agguerritissime, truppe. Pochi medici. Pochi infermieri, meno di quello che sarebbe il fabbisogno.
Dottor Tavola, quanto siete stanchi, da uno a dieci?
Quarantasette... (sorride amaro)
Cambiamo domanda. Com’è la situazione? Siamo ai livelli di marzo?
“Nì”. Nel senso che dal punto di vista della “qualità” dei malati la situazione è sostanzialmente la stessa ma con un’età media tendenzialmente più bassa. Quantitativamente, invece, per ora non siamo ancora alla marea montante di marzo. Ma il flusso è costante per cui non saprei dire se ci arriveremo... La pressione maggiore è sugli ospedali di Monza, Varese, Como, per ora. Noi abbiamo drenato un po’ di pazienti da quegli ospedali, ma i posti letto sono sempre tutti occupati.
Come? L’età media è più bassa?
Io vedo solo pazienti gravi e l’età media dei miei malati si aggira intorno ai 65-70 anni. Il che vuol dire che c’è gente di 45 anni e molti di 75-80 anni. Spannometricamente potrei dire che la maggioranza vanno dai 60 ai 70 anni. Di sicuro non è diminuita la gravità della malattia. Per questo mi sento di dire che l’unico messaggio è che ci salverà solo il distanziamento e il rispetto delle regole. Anzi, la prevenzione.
Ma non ci sono cure migliori se non risolutive?
Non abbiamo né più protocolli né più cure. C’è meno inventiva nel provare le terapie: usiamo cortisone e antivirale, ma non c’è certezza che funzionino davvero. La prevenzione è l’unica cura, lo ripeto come un disco rotto.
E i farmaci che andavano per la maggiore nella prima ondata?
L’Idrossiclorochina non si fa più. Alcuni farmaci per l’artrite reumatoide non si fanno più. E altri che si usavano sperimentalmente non si usano più. Non c’è una cura per il virus. Non ci sono antivirali che funzionino al cento per cento. E poi per trovare un antivirale, o un farmaco, la commercializzazione e la dimostrazione della sua efficacia richiedono anni di studio, test e sperimentazioni. Non giorni, settimane, mesi…
Non si riesce a fermare la malattia un po’ prima che diventi grave, oggi come oggi?
Si riescono a prendere un po’ prima i pazienti, a gestirli un po’ meglio. Dipende poi da caso a caso. Se i medici di base riescono a seguirli bene a domicilio e a mandarli non troppo tardi né troppo presto, allora li salviamo. Nei primi 5-7 giorni la malattia vira velocemente. Pensi che stia andando bene e poi vira radicalmente. Se arrivi troppo presto rischi di occupare posti impropriamente. Ma il “troppo tardi” è esiziale in molti casi.
Possiamo regolarci con i sintomi? Cosa dobbiamo fare?
Quando la febbre non scende per almeno tre giorni, non bisogna aspettare: bisogna rivolgersi al proprio medico, soprattutto se non si sta bene. E quelli che stanno bene, soprattutto se sono positivi, devono rispettare le regole. Chi ha pochi sintomi deve stare lontano dagli altri perché potrebbe contaminare qualcuno che, poi, starà male veramente. Non è che un pauci-sintomatico in attesa di tampone può fare quel che vuole, solo perché non ha avuto sintomi o ne ha avuti pochi… La gente è troppo disinvolta. Ancora oggi, anche se a me sembra incredibile…
Scusi, dottor Tavola. Ma non è che lei stando chiuso 12 ore al giorno in terapia intensiva, non si rende conto di quel che avviene fuori?
Il contrario. Ieri mattina per caso mi sono trovato davanti a un bar con i tavolini fuori, vicino a una scuola dell’infanzia: ai tavolini mamme, nonne, con i bambini piccoli, che si erano fermate a prendere il caffè. Tutte al tavolino e senza mascherina perché “devo prendere il caffè”. Salvo che dopo il caffè continuavano a parlare faccia a faccia senza mascherina. Sono piccole cose, ma vedere sette-otto persone tutte insieme, chiacchierare fitto fitto mi ha lasciato basito… Basta che ci sia stata una con pochi sintomi e carica virale alta, e queste signore si infetteranno. Spero non gravemente…
Cambiamo discorso. Siete abbastanza in rianimazione?
I medici mancavano prima del Covid, figuriamoci adesso. E da marzo ad ora ho avuto quattro pensionamenti. Siamo cinque in meno. Ma la direzione li ha cercati dappertutto. Non ce ne sono. Veniamo da politiche di ristrettezze e di tagli che non si cambiano certo in sei mesi.
E come fate allora?
Nell’emergenza ti adatti…Prima una terapia intensiva la gestivo, in tempi ordinari, con 11 medici su più turni, sette giorni su sette e due infermieri su ogni malato. Nell’emergenza tieni un infermiere che segue 3-4 malati e sette-otto medici che girano…
Una notizia buona ci sarà… I dispositivi di protezione individuale ci sono a questo giro?
Quelli non mancano.
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