Cronaca / Lecco città
Giovedì 07 Maggio 2020
Coronavirus, in casa rimane
un lecchese su quattro
Mobilità. I dati delle celle telefoniche dimostrano che la fase due è suonata come un liberi tutti. Del resto anche le verifica sul campo consente di evidenziare che centro e lungolago sono di nuovo affollati
Gli spostamenti dei lecchesi dalla fine del lockdown stanno tornando molto vicini alla normalità. A testimoniarlo è il consueto monitoraggio delle celle telefoniche da parte del Pirellone.
Chiara la tendenza complessiva della provincia di Lecco (in linea con buona parte della regione): la fine del lockdown è stata inevitabilmente interpretata come un “liberi tutti”. Lo testimoniava già lunedì l’afflusso di persone tra le vie del centro città a Lecco e sul lungolago dove si è rivista tanta gente a passeggio. Proprio il dato dello scorso 4 maggio non lascia campo a dubbi: il 77% dei lecchesi faceva registrare almeno un cambio di cella nell’arco della giornata. Fatta 100% la quota iniziale del 20 febbraio (a emergenza ancora sufficientemente lontana), significa di fatto riprendere le fila di gran parte degli spostamenti quotidiani di prima del lockdown.
Doppia interpretazione
Il dato si presta ovviamente a una doppia interpretazione. Positivi i sintomi di una ripresa di tante attività economiche, ma ovviamente necessaria la massima responsabilità in una fase chiaramente dominata da flussi sociali tornati piuttosto impattanti. Il disavanzo rispetto al trend finale del lockdown è evidente. I dati giornalieri del weekend lecchese di Pasqua, ad esempio, avevano fatto registrare una mobilità del 41%, quasi la stessa percentuale della domenica precedente. «Occorre ribadire il concetto di rispettare le disposizioni e restare a casa sebbene il bel tempo inviti la gente ad uscire – aveva tuonato l’assessore regionale alla partita Fabrizio Sala - dopo settimane di isolamento sociale. Nel complesso i lombardi si sono attenuti scrupolosamente alle regole nonostante in Provincia di Lecco nel week end di Pasqua ci sia stato un rialzo della mobilità rispetto al fine settimana precedente».
E dire che la quota del 40%, toccata al ribasso la domenica precedente Pasqua, era stato il frutto di una faticosissima discesa durata settimane. La terza domenica di marzo era sì scesa al 42%, ma già la settimana successiva si confermava ancora stabile poco sotto il 60%. Solo due settimane dopo le rilevazioni feriali avevano finito con l’abbattere la soglia psicologica del 50%.
Peculiarità
La peculiarità del territorio lecchese non era però sfuggita al vicepresidente Sala, che aveva fatto il punto sul dato medio piuttosto alto relativo agli spostamenti della nostra provincia. «Inevitabilmente è uno dei dati più alti, ma non c’è nessuna tirata d’orecchie ai lecchesi. La situazione, con un paesaggio montano e un tessuto produttivo di prim’ordine, non è paragonabile all’effetto smart working a Milano. Ora però dobbiamo fare appello alla coscienza di tutti, e sono sicuro che anche i lecchesi sanno cosa è il meglio in questo momento. Quanto al monitoraggio delle celle, si tratta di uno strumento attivato in via sperimentale e affinato giorno dopo giorno fino a raggiungere un grado di attendibilità sempre più elevato (85% del totale della popolazione) della ripresa».
La lenta discesa verso la quota del 40% era quindi proseguita fino al cuore del lockdown, a metà aprile, rimanendo poi stabile fino ai giorni scorsi. All’indomani della riapertura, era stato lo stesso sindaco di Lecco, Virginio Brivio a lanciare l’avviso: «Siamo alla vigilia di una data importante. Non sarà forse l’inizio pieno della fase 2 di quest’emergenza, ma sarà comunque il punto di partenza di tanti cambiamenti nella nostra vita quotidiana. Non è però un liberi tutti, quindi siamo responsabili».
Confronti
Sulla responsabilità individuale dei comportamenti, nessun giudizio ancora. Certamente i numeri hanno dato ragione a chi prevedeva una fuoriuscita massiva dalle case e dalle quarantene.
Il dato del 77% registrato il 4 maggio in provincia di Lecco, però, è comunque in linea con Como, Monza, Mantova, Pavia, Varese e Brescia. Sensibilmente più alto il dato di Lodi (gravata però in parte da due settimane extra di zona rossa), mentre più bassa Bergamo (69%), Milano (63%) e Sondrio (ancora ferma al 53
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