Cronaca / Lecco città
Lunedì 13 Aprile 2020
«Conte sbaglia tutto
Così danneggia
il Sistema Italia»
Confindustria Lecco Riva contro l'annuncio del Venerdì Santo. «Le imprese non si accendono schiacciando un bottone»
Contenuti e modalità sbagliati: Confindustria si scaglia contro il premier Giuseppe Conte e la decisione di tirare dritto con la serrata (semi) totale fino al 3 maggio, oltre che con le tempistiche del messaggio alla Nazione, giudicate ancora sbagliate.
Sono durissime le dichiarazioni con cui il presidente degli industriali di Lecco e Sondrio, Lorenzo Riva, ha commentato la proroga della chiusura annunciata dal presidente del Consiglio venerdì in diretta tv all’ora di cena Conte ha spiegato che non è possibile secondo il Comitato tecnico scientifico allentare le misure restrittive in atto.
Le preoccupazioni
Preoccupati dalle festività pasquali, dalla gita fuori porta del lunedì dell’Angelo e dal ponte del Primo maggio, le istituzioni hanno dunque deciso di provare a tenere alta l’attenzione della popolazione, che da qualche giorno (da quando si è iniziato a spiegare che il picco era stato raggiunto) sembra essersi un po’ rilassata. Si notano in circolazione molte più persone rispetto a qualche giorno fa: tanti sono giustificati, ma molti (come dimostrano sanzioni e denunce) non lo sono.
Così, dati alla mano, il premier ha deciso di allentare solo un poco la stretta sulle attività economiche: da martedì una manciata di realtà potrà tornare ad operare (in Lombardia però la Regione ha deciso per una linea ancora più restrittiva, per cui ad esempio librerie e cartolerie resteranno chiuse), ma tra queste non ci sono le aziende manifatturiere, che rappresentano la colonna vertebrale della Lombardia e del Lecchese in modo particolare.
L’ossigeno, quindi, continuerà a mancare alla maggior parte di esse, con i rischi di cui ormai si parla da giorni e il timore che i danni – già pesantissimi - diventino irreversibili.
Di qui l’affondo di Lorenzo Riva, che però attacca in primo luogo modalità e tempistiche del messaggio. «Ancora prima dei contenuti del decreto, sono inammissibili i modi e i tempi nei quali si sceglie di comunicare alla cittadinanza e alle imprese decisioni così determinanti, nel mezzo di una crisi durissima che sta mettendo alla prova tutti noi – dichiara - Annunciare la sera del venerdì antecedente la Pasqua il prolungamento di misure restrittive dalle quali dipende non solo l’attività delle imprese, ma la vita delle nostre comunità e il futuro del Paese, denota una totale mancanza di rispetto. E ci fa anche capire fino a che punto la politica non abbia idea di cosa significhi gestire un’azienda, che non si può aprire e chiudere pigiando un interruttore, e di cosa succeda dentro le fabbriche. Per l’ennesima volta abbiamo la dimostrazione di quanto poco si conosca il sistema produttivo, che è il pilastro della nostra economia, e di quanto se ne sottostimi il valore».
I codici Ateco
La rabbia degli industriali, ben testimoniata da Lorenzo Riva, riguarda anche il balletto dei codici Ateco, che dallo scorso Dpcm sono diventati noti anche a chi di economia non mastica nulla o quasi. «Questa insensata agonia dei codici Ateco deve finire una volta per tutte – rincara - Abbiamo definito protocolli di sicurezza molto stringenti, condividendoli con le rappresentanze dei lavoratori; le aziende si sono impegnate ad applicarli e hanno dimostrato di saperlo fare, ma evidentemente si preferisce ignorarlo. L’unico vero parametro che deve essere tenuto in considerazione è quello dei protocolli di sicurezza: chi è in grado di garantirne l’applicazione rigorosa deve poter riaprire subito. Se fermare la pandemia e salvaguardare la salute delle persone è l’obiettivo di tutti, e noi imprenditori checché se ne dica siamo i primi ad avere a cuore i nostri collaboratori, allora prendiamo come punto di riferimento le pratiche che ci consentono di farlo e smettiamola di criminalizzare le imprese».
È possibile che la discriminante, in questo senso, sia l’impossibilità di verificare fabbrica per fabbrica dove le indicazioni vengano rispettate e dove no, per cui si preferisce tenere chiuso. «Trincerarsi dietro un elenco di codici non è la strada per uscire da questa crisi - conclude Riva - Tutelare la salute senza mandare in rovina il Paese è possibile. Ma bisogna prendere in mano la situazione con cognizione di causa e spingere sull’applicazione, che deve essere severissima, dei protocolli che sono già stati individuati e condivisi».
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