Cronaca / Lecco città
Sabato 25 Aprile 2020
«Ci chiamano eroi. Poi però ci abbandonano a noi stessi»
Lo sfogo di un’infermiera lecchese. Mentre parla la voce si incrina, rotta dal pianto
«Ci chiamano eroi, ma poi ci trasformano in untori - dice - Ci lasciano in balia di noi stessi, senza sapere se siamo positivi e asintomatici, e quindi potenzialmente pericolosi per chi ci sta intorno, oppure no. Di tamponi a tappeto, che continuiamo a chiedere, non si ha notizia. Adesso pensano di contenere il contagio con una App. Vorrei fare una domanda, al presidente della Regione Attilio Fontana e all’assessore al Welfare Giulio Gallera: quando saranno disponibili i test sierologici li farete fare prima a noi o ai giocatori di serie A?».
È un’infermiera in servizio all’ospedale Manzoni di Lecco – che ha chiesto di poter restare anonima (“Non voglio essere licenziata, ho bisogno di lavorare”, dice) - a fare la domanda, nella speranza che i vertici della Regione diano risposte concrete e certe.
«L’altra sera, rincasando da un turno massacrante, mi sono trovata sul cellulare il messaggio della Regione con cui mi si invitava a scaricare la App per il tracciamento dei contagi – racconta - Ma credono davvero di riuscire a contenere il virus in questo modo? Non dobbiamo essere controllati con una App, ma con un tampone! Mi è salita una rabbia… Sono due mesi che non vedo i miei genitori: vivo con loro ma sono anziani, quindi ho scelto di prendere in affitto un appartamento per evitare di contagiarli, nel caso in cui fossi positiva ma asintomatica. Ho casa mia, ma non ci torno, e una fetta del mio stipendio se ne va per l’affitto. In ospedale siamo dotati di tutti i presidi necessari, con le mascherine giuste per il tipo di mansione che svolgiamo, ma ci sono tanti colleghi ammalati, pertanto la paura c’è ed è grande. Quindi continuiamo a chiedere di poter essere sottoposti al tampone, senza esito. Alla Fiocchi Munizioni hanno iniziato a farli ai dipendenti il 2 marzo, da noi alla fine del mese e comunque non a tappeto, solo a chi ha manifestato sintomi».
«Poi sui giornali - aggiunge ancora si legge che il tal campione di calcio è risultato positivo al virus anche se asintomatico e mi domando: perché a loro il tampone lo fanno e a noi no? Semplicemente perché dietro il mondo del pallone ci sono grossi interessi economici».
«Noi siamo chiamati eroi ma nella realtà siamo abbandonati a noi stessi – prosegue l’infermiera - Temo si ripeterà la stessa cosa con i test sierologici: saremo noi i primi a poterli fare o i giocatori di calcio? Questo vorrei chiedere al dottor Fontana e al dottor Gallera. Anche perché se ci ammaliamo tutti, chi si prenderà cura dei pazienti?».n
A.Cri.
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