Cronaca / Lecco città
Mercoledì 17 Aprile 2019
Cantù, «Morabito boss della ’ndrangheta?
Non c’è la prova, il nome non basta»
Arringhe dei difensori di sei imputati, tre dei quali accusati di associazione mafiosa
Usa l’arma della logica, prima ancora che il diritto, l’avvocato Tommaso Scanio. «Ma ce lo vedete un boss della ’ndrangheta che si abbassa a fare delle risse in discoteca? O che accetta di pagare i debiti con il gestore dello Spazio Renoir per le bevute non pagate? Non basta fare di cognome Morabito per essere accusati di associazione mafiosa».
Nell’inchiesta per le presunte violenze fomentate dai clan a margine della movida canturina, snocciolano richieste di assoluzione con formula piena (o quasi), gli ultimi difensori chiamati a protestare davanti al Tribunale l’innocenza dei loro assistiti. A cominciare dall’avvocato Scanio, a cui spetta il compito più arduo: cercare di tirar fuori i suoi tre assistiti dalle sabbie mobili dell’accusa più grave, quella di associazione per delinquere di stampo mafioso.
In attesa della sentenza, prevista per venerdì prossimo, i giudici di Como hanno ascoltato ieri a lungo le tesi delle difese. «Giuseppe Morabito non è mai stato destinatario in passato di accuse di vicinanza con la ’ndrangheta - ha chiosato l’avvocato Scanio - Non è mai stato accusato di attività illecite per conto della famiglia Muscatello (a capo della locale di Mariano Comense della mafia calabrese ndr). Sia lui, sia Domenico Staiti e Rocco Depretis non sono mai stati visti neppure nelle vicinanze dei vari summit di ’ndrangheta scoperti dagli investigatori in questa zona. Ora si sostiene che Morabito sia diventato il nuovo capo della famiglia Muscatello: ma come si fa a diventare capi di una locale che non mi ha mai coinvolto in attività illecite?».
Sul progetto per dominare la movida canturina a suon di risse e botte, il legale replica: «Morabito avrebbe partecipato direttamente a quelle risse con lo scopo di controllare il territorio, secondo l’accusa. Ma se io sono il nuovo boss, davvero ho bisogno di partecipare di persona ad atti violenti per affermare il mio potere?».
Rigettate anche le accuse di estorsione contro i tre locali ai margini di piazza Garibaldi, dove gli imputati avrebbero consumato migliaia di euro di alcol e bevande senza pagare per mettere in ginocchio le attività e poterci poi mettere sopra le mani
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