Cronaca / Lecco città
Lunedì 18 Aprile 2016
Beato Serafino «spartitraffico»
Lecco, l’amarezza dell’ex direttore Gianluigi Daccò: «La chiesa con il più bel ciclo di affreschi di Lecco degradata sulla Lecco-Bergamo. Un attentato al patrimonio artistico della città»
«La chiesa con il più bel ciclo di affreschi di Lecco, quella del Beato Serafino di Chiuso, degradata a spartitraffico sulla Lecco-Bergamo».
Non ha usato mezzi termini l’ex direttore dei Musei Civici, Gian Luigi Daccò, che in questi giorni ha deciso di rendere pubblica la sua amarezza per il poco rispetto mostrato nei confronti della chiesetta di Chiuso, una perla nel panorama culturale lecchese. L’edificio sacro, dedicato a San Giovanni Battista, oggi è noto anche come chiesa del Beato Serafino, dato che proprio qui sono conservate le spoglie del Buon Curato di Chiuso, beatificato nel 2011 e celebrato con una storica cerimonia dall’allora vescovo di Milano Dionigi Tettamanzi.
A rendere particolarmente prezioso questo edificio, come sottolinea Daccò, è il ciclo di affreschi del presbiterio, una testimonianza unica per Lecco.
«Questo è un insensato e assurdo attentato al patrimonio culturale della città, una ferita che non sarà possibile cicatrizzare – rimarca Daccò -. E di cicli di affreschi rinascimentali Lecco ne ha davvero pochi: questo soltanto. Vergognoso». La chiesa ha una sola navata con presbiterio quadrangolare coperto da volta a botte. Ad impreziosire l’interno contribuiscono gli affreschi che rappresentano la grande Crocifissione sulla parete di fondo, il Cristo Pantocratore circondato dai Dottori della Chiesa sulla volta, e i Profeti nell’intradosso dell’arco. Databili intorno alla fine del XV secolo - inizi del XVI, gli affreschi non hanno ancora un’attribuzione certa. Una prima ipotesi riconduceva il ciclo a Giovanni Pietro da Cemmo, pittore originario della Valle Camonica attivo negli ultimi decenni del ‘400 tra Brescia e Cremona. Un’altra ipotesi avanzata recentemente attribuisce gli affreschi di Chiuso ai Baschenis della Valle Averara, una famiglia di frescanti che si tramandava il mestiere di padre in figlio e di cui si ha notizia a partire dalla metà del XV secolo.
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