Aumento delle rette nelle Rsa lombarde, la situazione nel Lecchese

Canali, presidente Istituti Riuniti Airoldi e Muzzi: «Almeno per il 2025 le rette non saranno toccate». Cogliardi, Cgil: «Da parte di Regione ci vorrebbe un’attenzione in più sull’aumento delle rette». Permane il problema delle liste d’attesa

Aumento delle rette, nelle residenze sanitarie assistite lombarde. Il tutto per un (giusto) aumento delle retribuzioni del personale Uneba, Unione Nazionale Istituzioni e Iniziative di Assistenza Sociale, ovvero i lavoratori del settore assistenziale che curano i nostri anziani. Un aumento peraltro ampiamente previsto e prevedibile. Ma molte sono le Rsa che hanno deciso di aumentare le rette. Mediamente dall’1-2 al 5 per cento. Sembra poco ma non lo è: se si pensa che una retta media nel territorio è sui 70 euro al giorno, in un anno il 2 per cento porta a spendere 500 euro in più.

A Lecco capoluogo, in realtà, la Fondazione Sacra Famiglia che gestisce la casa di riposo Borsieri in pieno centro, ha aumentato di un solo euro al giorno la retta. Come pure farà nelle altre due strutture che gestisce: Villa dei Cedri a Merate e la Rsa di Perledo. Inoltre l’Istituto Airoldi e Muzzi ha deciso di non aumentare per nulla la retta. Almeno nel 2025. Ma la situazione è a macchia di leopardo. Molte Rsa hanno già aumentato, per non farsi trovare impreparate. E altre lo faranno in questi mesi. Difficile capire se gli aumenti siano legati ai contratti Uneba, al costo dell’energia, al fatto che molti non modificano le tariffe da anni. L’unica cosa certa è che le tariffe sono alte e saranno ancora più alte nel prossimo futuro.

Parlando di rette minime (perché le massime sono variabili a seconda non solo del reddito ma anche della patologia come l’Alzheimer che prevede nuclei speciali ad alto costo), si va dai 63 euro di Villa Serena di Introbio, ai 65,75 euro che si pagano alla San Francesco di Bellano, o alla casa di riposo di Monticello Brianza (65,90), o alla casa di riposo Carlo ed Elisa Frigerio di Brivio (65,75) o alla casa di riposo Madonna della Neve di Premana (66 euro), per arrivare fino ai 91,50 di Villa dei Cedri di Merate che rimane la più costosa del territorio provinciale lecchese (ma non certo dell’intera Ats Brianza che nel monzese e nel milanese costano molto di più).

Pinuccia Cogliardi, responsabile dello Spi Cgil, sindacato dei pensionati, è preoccupato non tanto dell’aumento in sé quanto del clima che si sta creando intorno al problema: “Stiamo partecipando a una serie di incontri con le Rsa perché è evidente il problema di copertura delle spese dove però il vero interlocutore dovrebbe essere Regione Lombardia perché, per esempio, abbiamo molti casi di persone in difficoltà economica, che faticano a pagare la retta a prescindere da questi aumenti. I malati di Alzheimer, poi, hanno tariffe ancora più alte e c’è il problema che loro hanno una patologia e dovrebbero essere curati sempre, con un dialogo da intavolare sempre con Regione. Da parte di Regione, comunque, ci vorrebbe un’attenzione in più sull’aumento delle rette”. Le situazioni sono molto differenti da casa di riposo a casa di riposo. Impossibile fare di tutta l’erba un fascio: “L’unica soluzione vera, di largo respiro – spiega Cogliardi -, è prevedere una Rsa “aperta”, che sia anche in condizione di offrire servizi al territorio per tutte quelle domiciliarità che dovrebbero essere più sostenute”.

Giuseppe Canali presidente dell’Iram, Istituti Riuniti Airoldi e Muzzi, è all’ultimo suo anno di presidenza. Presidente da aprile del 2014, dopo 12 anni di reggenza e 81 anni di età vuol lasciare con una soddisfazione: non aumentare le rette per i suoi ospiti. Canali d’altronde è un uomo che dopo 11 anni a Sirone, 10 anni in provincia a Como, 11 all’Aler, 12 al forno inceneritore di Valmadrera e il primo lavoro ad aprile del 1966 in Comune a Lecco, ha sempre lavorato per il pubblico, per gli utenti. Ora per i suoi anziani che, per motivi di età, sente molto vicini.

È preoccupato per l’attenzione che non viene data alla Terza Età dalle istituzioni, ma non dagli aumenti: “Cosa dobbiamo fare? Il contratto Uneba è da onorare. E gli stipendi dei nostri operatori non sono altissimi, anzi. Giustamente il contratto riconosce loro il dovuto e per questo avevamo accantonato una cifra, nel bilancio dello scorso anno, proprio per coprire gli aumenti che, in tutta sostanza, erano del tutto prevedibili. Per cui non aumenteremo le tariffe”. Canali precisa: “Siamo fermi a due anni or sono, al 2023. Siamo rimasti a 84 euro al giorno di retta media che vale per tutti i padiglioni e 73 euro per il padiglione Resegone che è il più vecchio anche se oramai si equivale agli altri. L’unica differenza è che ha solo camere con il bagno esterno tra due camere. Risale ai tempi indietro il fatto che non ci fosse il condizionamento, che ora c’è, è stato installato. E poi lo utilizziamo nei casi in cui ci sono delle difficoltà economiche accertate proprio perché ha questa tariffa”.

Ma Canali ripete che il problema delle rette non è legato solo agli aumenti contrattuali. “Il problema sono, sì, certamente, le spese del personale, ma anche quelle relative all’energia elettrica e al gas, che restano molto ballerine. Un po’ di aumenti inattesi sono arrivati, ma devo dire ai parenti dei nostri ospiti che almeno per il 2025 le rette non saranno toccate”.

Altro problema, dopo le rette, è la lista d’attesa che, non solo agli Istituti Riuniti Airoldi e Muzzi, ma ovunque in Provincia, resta molto lunga: “Sono ancora più di 200 le persone in attesa di un posto libero. E purtroppo, è brutto dirlo, finché non muore qualcuno, non si liberano posti. È dappertutto così. Abbiamo sempre 350 posti e sono sempre tutti occupati”.

La situazione in provincia? Per fare un esempio calzante, a Villa dei Cedri, che è la più cara, sarebbero 600 in lista d’attesa ordinaria (non per Alzheimer). C’è un distinguo da fare: una volta compilata, la domanda di inserimento in lista d’attesa può essere spedita a quanti istituti si vuole. Per cui la stessa persona è in lista d’attesa magari in 4-5 case di riposo a lei vicine. Ciò non toglie, però, che il problema sia grave.

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