Cronaca / Lecco città
Domenica 05 Luglio 2020
«Attenti, il virus
è più furbo di noi»
L’espertoPierfranco Ravizza, presidente dell’Ordine dei medici di Lecco, interviene dopo il nuovo allarme in Veneto. «Siamo in condizioni molto più favorevoli di prima: le mascherine e gli strumenti utili per combatterlo ci sono»
Eccolo il temuto focolaio che torna a far preoccupare tutti, in Veneto. Con il governatore Zaia che minaccia il Tso (trattamento sanitario obbligatorio) per chi, essendo positivo al Covid19, si metta a girare come niente fosse per il Paese… Ma la Lombardia, che tanto ha sofferto, è anch’essa a rischio? Lo abbiamo chiesto al presidente dell’Ordine dei medici di Lecco Pierfranco Ravizza, sempre disponibile ad aiutarci a capire cosa stia succedendo con tatto ed equilibrio.
La situazione
Siamo nell’ambito di un comportamento fisiologico ampiamente prevedibile e già visto- premette Ravizza -. Il Veneto è soltanto un luogo dove sta succedendo quel che è già successo in altre nazioni, ovvero una recrudescenza della malattia. Le malattie infettive non scompaiono mai, al limite scendono sotto traccia. Bisogna stare allerta e isolare subito i nuovi casi. Gli indici percentuali sono percentuali rispetto a un valore precedente, ma prescindono dai valori assoluti. Se ci sono ottanta casi in Campania o in Veneto è una cosa rilevante, non banale. Noi siamo felici perché ce ne abbiamo solo un’ottantina, invece, rispetto alla nostra popolazione. In assoluto hanno un peso e in percentuale ne hanno un altro. In Veneto erano zero e in poco tempo sono arrivati a 80. Purtroppo questo conferma che questa infezione è molto subdola e molto contagiosa. Vuol dire che non la vediamo, pensiamo di poter fare i furbi ma rischiamo di farci sorprendere di nuovo».
E tutti i colleghi che dicevano che era finita, che oramai potevamo buttare via le mascherine anche se le ordinanze sono di tenerle? «Non commento quel che dicono i colleghi. Ma globalmente un’epidemia che ora si esprime con numeri di contagio che sfiorano il centinaio, quando tre mesi fa si esprimeva con decine di migliaia, vuol dire che siamo passati da mille a uno.. L’epidemia è sicuramente in fase di apparente controllo, ma, come è già capitato in altri contesti, il futuro non lo sappiamo. Penso siano piccoli numeri, focolai prevedibili, ma sono un po’ anche il segnale di quel che già dicevo: più che stare con un’allerta rossa contro il Covid come fosse l’unica malattia di cui preoccuparci, siamo in un periodo in cui il Covid diventerà un altro dei tanti guai ai quali dovremo essere preparati a rispondere».
Insomma, magari chiusure parziali, controlli mirati. Ma un altro lockdown totale non dovrebbe capitare. E forse non servirà più: «Il colera, il tifo, la peste, la lebbra, la rabbia non sono scomparse dal pianeta. Sono virus relegati in piccole sacche dove sono noti, ove sono raramente frequenti e sono riconosciuti e attaccati adeguatamente. Sappiamo come comportarci. E con il Covid è lo stesso: ora abbiamo armi per riconoscerlo. Lo riconosciamo subito. Possiamo fare del vero isolamento nei luoghi dove appare senza lasciarlo dilagare. Siamo in condizioni molto più favorevoli di prima: le mascherine ci sono, gli strumenti che sappiamo essere utili per combatterlo, ci sono».
La malattia c’è
“Calma e gesso” dicevano i nostri nonni.
«Le manifestazioni del virus non ci devono spaventare né angosciare, ma allarmare ragionevolmente ricordandoci che la malattia c’è, non è un’invenzione dei dietrologi, non è una fake-news, non un’invenzione dei complottisti - conclude il dottor Pierfranco Ravizza - È una malattia che non guarda in faccia a nessuno perché non ha anima né spirito. Il coronavirus non è cattivo: fa il suo dovere come madre natura lo ha costruito. Non sono particolarmente allarmato di queste cose, però non faccio che ripetere come un disco rotto che bisognerebbe allarmare chi pensava fosse finita. Finita non è, e non lo sarà forse mai. Bisogna sperare che presto entreremo in una fase dove anche questa malattia entrerà nel novero di tutte le altre malattie infettive».
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