Assolto camionista: «Non fu lui a causare la morte del ciclista Giuseppe Figini»

Prove “irrimediabilmente dubbie” per riconoscere la colpa in caso a D.N., il 64enne di Sesto San Giovanni, nel milanese, assolto perché il fatto non sussiste in relazione alla caduta dalla bicicletta costata la vita a Giuseppe Figini, commerciante residente a Calolziocorte morto il 13 ottobre 2022.

Lo scrive il gup Nora Lisa Passoni nelle motivazioni della sentenza che in estate ha assolto l’imputato, difeso dall’avvocato Ambra Ferretto, di Monza. L’accusa per lui era di omicidio stradale e omissione di soccorso.

Per la procura, mentre si trovava alla guida di un autocarro Iveco, percorrendo corso Emanuele Filiberto nel tratto urbano del comune di Lecco, proveniente da Bergamo, e diretto verso il centro città, una giunto in corrispondenza del civico 100 affiancava la bici condotta da Figini che viaggiava sul margine destro della carreggiata, urtandolo nella fase del sorpasso, e provocando la caduta al suolo dell’uomo e la morte a causa di varie lesioni al torace riportate a seguito dell’urto. Dopo il fatto, non avrebbe prestato soccorso alla vittima. Tesi però non riconosciuta dal tribunale.

L’imputato, in quei giorni, si muoveva spesso tra un cantiere di via Belfiore e la cava dell’Isola, dove andava a scaricare gli scarti delle lavorazioni edili. Secondo il consulente nominato dalla procura, il suo autocarro avrebbe urtato il ciclista a circa metà della lunghezza del mezzo, all’altezza del serbatoio, dove era stata riscontrata un’ammaccatura, e in un punto dove, tra l’altro, la semicarreggiata si restringe.

L’uomo però ha sostenuto di ricordarsi di aver sorpassato il ciclista, ma di averlo visto ancora in piedi nello specchietto retrovisore mentre si allontanava (l’ammaccatura sarebbe avvenuta in epoca anteriore) e che fosse quindi caduto da solo. Per il gup l’imputato è da assolvere “essendo irrimediabilmente dubbia la prova della sussistenza del profilo di colpa”.

L’unico testimone che riferiva di aver assistito direttamente al sinistro, infatti, ha dichiarato che il ciclista era caduto “a seguito del sorpasso”, e non per uno scontro. Non è parso verosimile, poi, che la vittima fosse stata arrotata dal mezzo, come riferito da altri, perché altrimenti avrebbe riportato lesioni molto più evidenti. Il sorpasso poi , risulta effettuato nel tratto di strada largo oltre 4 metri, visto che in corrispondenza del restringimento avveniva “la caduta, la quale era successiva al sorpasso”. Infine è emerso che la velocità fosse “adeguata”, e che il suo allontanamento fosse è avvenuto “in assenza di coscienza di quanto accaduto”.

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