A Lecco un medico di famiglia
ogni 2mila assistiti,
la provincia è 106esima in Italia

L’allarme del sindacato Uil sulla base dei dati del Sole 24 Ore: «Quella creatasi sul fronte dei medici di medicina generale è ormai una voragine»

Sono i numeri ad indicare la voragine creatasi sul fronte dei Medici di Medicina Generale, numeri che vengono dal Sole24 ore, report qualità della vita 2023-2022-2021, e che indicano come ci sia stata nel Lario una progressiva diminuzione nel corso degli anni che risulta più grave confronto a quella avvenuta sul territorio nazionale. Lo evidenzia in un comunicato stampa la Uil Lombardia e la Uil Fpl (Federazione poteri locali) del Lario e della Brianza.

Se infatti nel 2021 la provincia di Como aveva 7,82 medici ogni 10mila abitanti con un carico di lavoro di 1.278 assistiti per medico, Lecco 7,76 ogni 10mila cittadini con una media di 1.288 pazienti per medico, si è passati nel 2022 ad una provincia di Como posizionata all’82esima posizione e quella di Lecco in 105esima posizione a livello nazionale. Nel 2022 il comasco poteva contare su 0,67 medici ogni 1000 abitanti, a fronte di una media italiana di 0,73, ossia di 4 medici di medicina generale ogni 6.000 cittadini (1500 assistiti a medico). Lecco 0,61 medici ogni 1000 abitanti ossia 3 medici ogni 5.000 persone (1.666 assistiti a testa). Nel 2023 Como passa alle 102esima posizione a livello nazionale e Lecco alla 106esima. A fronte di una media italiana, dell’anno scorso, di 0,69 il comasco ha avuto 0,57 medici ogni 1000 abitanti ossia 4 ogni 7.000 persone (con una media di 1.750 assisti per medico). Lecco 0,52 ogni 1.000 abitanti con una media di circa 2.000 assistiti per ciascun medico.

«Numeri oggettivi, quelli offerti dal report del Sole24Ore, che - secondo il sindacato -. cozzano con ambizioni, progetti, finalità che fioriscono senza continuità di sosta nelle Delibere di Regione Lombardia ma che rischiano di rimanere dichiarazioni di intenti senza le risorse (di personale ed economiche) adeguate. Risale infatti al 25 marzo la DGR 2089 che approvando le “linee di indirizzo per i piani di sviluppo del Polo Territoriale delle Asst” in alcuni casi conferma, in altri aumenta, le già molte responsabilità in carico ai medici di medicina generale. E’ il caso della continuità dell’assistenza, ossia il proposito di implementare la continuità assistenziale fra i vari setting di cura come nel caso dell’ ADI (assistenza domiciliare integrata). Ebbene è il Medico di famiglia il punto di partenza per la richiesta di assistenza domiciliare che giunge al punto unico di accesso dell’ASST. Così come la centralità, nella realtà quotidiana, del medico nell’assistenza domiciliare programmata ossia in un percorso di assistenza che individua la casa come primo luogo di cura e che è rivolta in via principale a persone anziane o disabili gravi. Uguale centralità nei progetti di sorveglianza domiciliare che vive sulla gestione proattiva dei cittadini con malattie croniche che sono impossibilitati, per i più disparati motivi, a raggiungere l’ambulatorio».

«Chiediamo a chi ha incarichi di governo, a livello regionale e nazionale - afferma Dario Esposito, coordinatore della Uil del Lario .-, coerenza e consequenzialità. Gli obiettivi fissati nelle delibere regionali e nelle dichiarazioni devono essere supportati da adeguate risorse economiche. Il rischio è che a rimetterci sia il cittadino - con una diminuzione dell’offerta sanitaria sul territorio - ed i lavoratori della sanità con carichi di lavoro sempre più pressanti».

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