Uccise il suo comandante, prosciolto per infermità

Prosciolto perchè incapace di intendere e di volere il brigadiere Antonio Milia che uccise il comandante dei carabinieri di Asso, Domenico Furceri. Furceri era stato per anni alla stazione di Bellano

È stato prosciolto perché incapace di intendere e di volere il brigadiere Antonio Milia, a processo per l’omicidio del comandante dei carabinieri di Asso Domenico Furceri, avvenuto nell’ottobre di due anni fa. Furceri era stato trasferito ad Asso dopo anni alla stazione dei carabinieri di Bellano.

Quando ha impugnato l’arma di servizio, l’ha puntata contro il suo comandante e ha premuto il grilletto per ucciderlo, il brigadiere Antonio Milia non era in grado di comprendere cosa stesse facendo. Affetto da una patologia psichiatrica che mesi prima aveva spinto i suoi superiori a mandarlo in ferie e, soprattutto, a requisirgli la pistola d’ordinanza, non può essere giudicato per l’omicidio volontario nella caserma di Asso dell’ottobre di due anni fa.

La sentenza

Il brigadiere è stato prosciolto perché incapace di intendere e di volere in quella tragica notte di morte e tensione, alla stazione dei carabinieri di Asso. Ma non è detto che quel terribile omicidio, costato la vita a un comandante serio e scrupoloso, resti senza responsabili. Perché il Tribunale ha deciso di mandare gli atti del processo in Procura perché si indaghi sulla commissione medica che ha restituito la pistola a Milia e lo ha dichiarato nuovamente idoneo a vestire la divisa.

La sentenza è stata letta ieri pomeriggio. E, a dispetto di una decisione a suo modo destinata a suscitare clamore, era anche una sentenza attesa. Lo stesso avvocato della famiglia di Domenico Furceri, il luogotenente ucciso quella notte di due anni fa, ha detto di non essere affatto stupito: «Piuttosto - sono state le parole dell’avvocato Paolo Camporini - sono contento che è stata accolta la richiesta di trasmissione degli atti per la commissione medica e per la psichiatra che ha mandato l’imputato in commissione».

A difendere il brigadiere sotto processo, l’avvocato Roberto Melchiorre: «Era una questione molto complessa - ha detto dopo la sentenza - Era fondamentale per Milia che venisse riconosciuta la sua patologia e soprattutto l’incidenza della stessa per quello che poi ha fatto». Perché di una cosa è certo, il legale del brigadiere, figura storica nella caserma di Asso: «Per la persona che era non avrebbe mai fatto una cosa del genere. Ora si va nella direzione di accertare di chi sono le mancanze che hanno portato a questa tragedia».

I giudici hanno dichiarato l’imputato socialmente pericoloso. Questo significa che, per almeno i prossimi cinque anni, Antonio Milia dovrà restare rinchiuso nella comunità psichiatrica dove si trova da alcuni mesi, dopo essere uscito dalla Rems (Residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza) di Castiglione delle Stiviere, l’ex manicomio giudiziario.

La nuova indagine

A questo punto il fascicolo torna alla Procura di Como. È qui che si dovrà indagare sull’operato della commissione medica che ha rimesso un’arma nelle mani di un carabiniere che solo pochi mesi prima aveva impugnato la sua Beretta d’ordinanza a sperato un colpo in casa. Il comandante della compagnia di Como, era intervenuto immediatamente: Milia era stato ricoverato 10 giorni nel reparto di psichiatria del Sant’Anna, quindi fu messo in congedo per malattia. In autunno una psichiatra militare decide di mandarlo nuovamente davanti alla commissione medica ospedaliera di Milano. Milia viene reintegrato completamente, senza alcuna limitazione. Torna in possesso del tesserino e, soprattutto, della Beretta. È il 18 ottobre. Nove giorni dopo, la pistola tornerà a sparare. Per uccidere il luogotenente Domenico Furceri.

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