Rsa, 180 persone in lista d’attesa a Lecco
Nelle strutture non ci sono posti liberi, e neppure la possibilità di “letti di sollievo” per l’estate. Il presidente Canali: «Cerchiamo in continuazione infermieri. Ne abbiamo 43, ma ne servirebbero 60»
La situazione è sempre più critica. Tanti, tantissimi gli anziani che chiedono ospitalità nelle residenze sanitarie assistenziali, le Rsa. Pochi, pochissimi, i posti a disposizione. Anzi, nessuno. O, meglio, nelle 24 case di riposo lecchesi, rette da fondazioni e associazioni senza scopo di lucro, ci sono 2.103 posti letto accreditati. Ma di questi nessuno è a disposizione, ovvero libero. Ci sono dei posti che si “liberano”, ma, è brutto dirlo, solamente quando un assistito decede.
Altrimenti, sperare che un anziano ricoverato in Rsa torni a casa, è una pia illusione. Chi entra in Rsa quasi sempre ci rimane fino alla fine. E il bisogno è molto più ampio: basti dire che i soli over 80 in provincia di Lecco sono quasi 28mila. Non che manchi chi avrebbe bisogno di Rsa anche prima di quell’età (e parliamo soprattutto di chi è affetto da malattie come il Parkinson e l’Alzheimer che necessita di cure qualificate non sempre erogabili a domicilio). Insomma, i 2mila posti sono una goccia nel mare del bisogno. Anche se è un bisogno che, tra l’altro, si paga a caro prezzo. Le rette vanno dai 60 ai 120 euro al giorno eppure anche famiglie non abbienti pagano senza battere ciglio (magari facendo la colletta tra tutti i loro membri) pur di sistemare l’anziano bisognoso.
Ma anche Giuseppe Canali, presidente dell’Iram, istituti riuniti Airoldi e Muzzi, forte di 350 posti letto accreditati, non può certo parlare di “letti di sollievo”, ovvero posti letto che possono essere occupati per dare sollievo alle famiglie che tengono a casa gli anziani e vorrebbero prendersi almeno un mese di ferie all’anno. O un paio di settimane. Questa possibilità dopo il Covid non esiste più: «Una volta li prendevamo – ammette l’ottuagenario presidente dell’Iram - . Avendo una lista così lunga prendiamo solamente gli stabili, quelli che si fermano in teoria per sempre. Siamo a 180 persone iscritte in lista d’attesa. Pre Covid qualche posto lo avevamo per l’estate. Avevamo circa 7-8 posti, non di più, ma è diventato impossibile. E la fila, purtroppo, si riduce solamente con il decesso di qualche ospite».
Le eccezioni sono rarissime: «Se c’è qualche urgenza dall’ospedale cerchiamo di collaborare con Asst Lecco. Si parla però di anziani non gestibili a casa, o che, per motivi famigliari, non avrebbero proprio un tetto sotto il quale stare. Qualche giorno si possono parcheggiare all’ospedale di comunità, come quello interno al Manzoni. Usano a questo scopo anche l’ospedale di Bellano ma la situazione è di assoluta precarietà. Anche perché mancano medici e infermieri, in Asst».
All’Iram fortunatamente non mancano: «Riusciamo a tenere botta, con gli infermieri – spiega Canali -. Li cerchiamo in continuazione, in verità. Siamo a 43 infermieri su una pianta organica ideale che sarebbe intorno ai sessanta, ma abbiamo sopperito alle mancanze assumendo Oss o Asa, operatori socio sanitari e ausiliari socio assistenziali. Il direttore sanitario Andrea Millul sta operando molto bene».
I posti accreditati all’Iram sono 347 più tre non accreditati. «Il termine giusto è che abbiamo 350 posti accreditati dei quali 347 a contratto e 3 solventi. Ma la differenza è solo di 10 euro al giorno… E i tre posti al massimo restano occupati uno-due mesi per esigenze particolari, all’ingresso. Ma non di più. Poi rientrano nella quota degli 84 euro al giorno e vengono spostati nel novero dei posti accreditati del servizio sanitario regionale…».
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