Marco Gilardoni e il processo alla madre
«Testimoniare è stata la prova più dura»
Mandello Parla l’imprenditore all’indomani del racconto impietoso nell’aula di tribunale «Sono cresciuto senza affetto, avrei potuto non rispondere ma lo dovevo alle parti in causa»
Non c’è bisogno di conoscere Marco Taccani Gilardoni per capire quanto deve essere stato complicato testimoniare in tribunale sulla vicenda che ha sua madre come protagonista.
Un dramma greco
Non ci si può dividere in due e far finta che l’imprenditore non sia anche il figlio. Sembra quasi di essere dentro un dramma greco, non fosse che siamo a Mandello negli anni duemila. Incontriamo Marco Taccani Gilardoni in un’azienda che si sta rinnovando anche al suo interno. Tra le mura della Gilardoni Raggi X è palese la ferrea volontà di guardare al futuro dopo aver girato definitivamente pagina. Chiediamo a Marco Gilardoni dove abbia trovato la forza per una testimonianza pacata ma nello stesso tempo impietosa: «Vorrei partire dalla mia storia. L’uomo Gilardoni è cresciuto in una famiglia dai grandi valori morali ma senza la dose necessaria di affetto. A partire da tutto questo, anch’io ho sempre avuto grande rispetto per le persone ma ho sempre cercato una sorta di distacco affettivo. Mi creavo una specie di schermo per permettermi scelte logiche e razionali. Devo dire che il valore della famiglia l’ho riscoperto grazie a mia moglie e ai miei figli, che mi sono stati molto vicini in questa vicenda anche se non sempre hanno potuto capire tutto fino in fondo». Nonostante quello “schermo”, quanto accaduto alla Gilardoni è stato molto pesante: «In tribunale potevo avvalermi della facoltà di non rispondere, ma l’ho voluto fare per dovere, per il rispetto di tutte le parti in causa. E vi assicuro che non è stata una passeggiata. Anche l’aver dovuto ricostruire quello che è avvenuto a partire da dieci anni fa, è stato molto pesante».
Tante domande
E c’è un aspetto fondamentale che Marco Gilardoni affronta con sincerità: «La mamma protegge sempre il figlio. Ebbene, io continuo a chiedermi come mai mia madre accettò di essere consigliata e guidata da un trentaseienne e non da me o da mio cugino Andrea. Io mi sono dato questa spiegazione: è più facile rapportarsi con uno che ti dice sempre di sì, piuttosto che mettersi in discussione». Un altro aspetto interessante è relativo a come si viva in azienda il processo in corso: «Per fortuna quei fatti sono quasi un ricordo e ci si scherza su durante le pause per il caffè. Per i dipendenti oggi c’è la possibilità concreta di riscattare una sorta di credito morale. Per me non c’è credito o debito, ma la volontà di mettere in atto sistemi e procedure che impediscano derive di quel genere».
A mitigare tutto questo c’è la situazione di un’azienda che va molto bene: «Da due anni cresciamo del 20% e il merito è di tutto lo staff, che ha qualità notevoli. Insomma, siamo in tutti i sensi una squadra. Ci sono poi investimenti importanti portati avanti con la giusta velocità. Siamo stati fermi per qualche tempo ed ora dobbiamo correre più dei nostri competitori. E c’è poi un dato significativo: i dipendenti non scappano più ed appena mettiamo un annuncio di assunzione abbiamo la fila di chi vuol venire in Gilardoni».
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