Leo Callone, il Papa e Lochness
«I miei 75 anni in un soffio»
Il Caimano del Lario taglia il traguardo dei tre quarti di secolo
Intervista a un simbolo del lago che va ben oltre lo sport
Oggi compie settantacinque anni uno degli sportivi lecchesi più iconici, figlio di un tempo in cui lo sport era soprattutto sacrificio, tra una giornata di lavoro e l’altra.
Leardo Callone, per tutti Leo, è diventato una leggenda del nuoto di gran fondo, una disciplina giunta alle Olimpiadi sono nel 2004. Leo per gli amici, il “Caimano del Lario” per tutti.
Schietto e sincero, Leo Callone ha vissuto una vita straordinaria, tanto da guadagnarsi riconoscimenti importanti come il titolo di Cavaliere del Merito della Repubblica. È stato ricevuto da Papa Benedetto XVI, ha nuotato persino nel lago di Lochness. Dalla sua incredibile storia è stato tratto un libro - “Bracciate per la vita” - e un film, “100 milioni di bracciate”, ispirato al record mondiale di 100.000 chilometri percorsi durante tutta la sua carriera.
Callone, da dove nasce il soprannome Caimano del Lario?
Da un’intervista con un giornalista proprio de La Provincia, nel lontano 1982. L’anno prima avevo conquistato la Manica e mi apprestavo a gareggiare nella Capri-Napoli, ai tempi valevole per il titolo del mondo. Il giornalista mi chiese di parlare degli avversari più forti e io citai un argentino e un americano. Dissi anche che la squadra migliore era quella degli egiziani, detti anche “Coccodrilli del Nilo”. Il giorno dopo, sul quotidiano, trovai il seguente titolo: “Il Caimano del Lario sfiderà i coccodrilli”. Lo presi come uno scherzo goliardico, senza pensare che quel curioso soprannome mi avrebbe accompagnato nei successivi quarant’anni.
Ci racconti di come è iniziato tutto...
Abitavo a Mandello, la mia casa era in riva al lago. Fin dai cinque anni, ogni volta che i miei genitori mi perdevano di vista, mi ritrovavano a mollo in acqua. A undici anni venni scoperto da Ermenegildo Ghidoni, che si accorse del mio talento e mi fece tesserare per la società sportiva della Guzzi. Non avevo grande tecnica, ma molta potenza. Con gli anni mi sono raffinato, ma mi considero comunque un autodidatta.
L’intervista completa sul giornale in edicola.
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