I genitori del poliziotto
«Vogliamo solo la verità»
Colico, in aula il padre e la madre dell’agente morto durante un inseguimento
«Francesco non tornerà. Ma ciò che è accaduto non deve succedere mai più»
«Vogliamo solo la verità. Nostro figlio non ce lo restituirà nessuno, ma vogliamo che quello che è capitato a lui non capiti più a nessuno».
Parlano con grande lucidità, pur nell’evidente dolore, Gianni e Diana Pischedda, i genitori dell’agente Francesco Pischedda, in Tribunale a Lecco per l’udienza davanti al giudice preliminare Massimo Mercaldo convocata per decidere se - come chiesto dalla Procura - archiviare l’inchiesta su presunte colpe mediche nella gestione sanitaria del giovane poliziotto, morto il 2 febbraio dello scorso anno dopo un volo di sette metri dal viadotto di Curcio della statale 36, o rinviare gli atti al quinto piano di Palazzo di giustizia per ulteriori indagini.
Seduti uno vicino all’altro, nell’atrio delle aule penali, accanto al loro avvocato Vittorio Delogu, che li rappresenta insieme alla collega Annalisa Sorgiu, i genitori dell’agente della Polizia stradale di Bellano rimasto gravemente ferito (e poi spirato) dopo aver tentato di bloccare un ladro, ribadiscono che lo scopo dell’opposizione alla richiesta di archiviazione del fascicolo per omicidio colposo- al momento contro ignoti - non è da ricercarsi in motivi diversi da quello di arrivare alla verità.
«Non vogliamo vendetta, né soldi, non ci interessano, ma vogliamo sapere perché nostro figlio è rimasto a terra, sull’asfalto, con i colleghi a ripararlo con degli ombrelli perché stava pure piovendo, a soffrire come un cane, per due ore e 20 minuti prima che un’ambulanza lo trasportasse all’ospedale di Gravedona. E perchè si siano persi altri 50 minuti per capire che aveva una gravissima emorragia interna in atto. Quando è arrivato all’ospedale di Lecco, 5 ore e 40 minuti dopo essere caduto da quel ponte, ormai non c’era più nulla da fare», spiegano
L’avvocato Delogu ha giudicato «non particolarmente elegante, da parte del pubblico ministero, liquidare un’opposizione a una archiviazione per un presunto omicidio colposo con due righe. La Procura ha concluso per l’assenza di responsabilità nella morte di Francesco perché non ci sarebbe un nesso causale tra i presunti ritardi e l’evento morte. Ci si è basati solo sulle considerazioni di un consulente, secondo il quale di fronte a traumi come quelli riportati da Francesco l’incidenza della mortalità oscilla tra il 57 e l’87%. La statistica a noi però non basta».
«È stato lo stesso consulente del pm a parlare di “una certa lentezza dei soccorsi” - ha detto ancora l’avvocato Delogu -. Il professionista conclude in ogni caso che a suo avviso non vi siano comunque responsabilità dei sanitari. Ma come? Tutti, non solo in nostri consulenti, accertano che Francesco è stato tenuto due ore e più sull’asfalto mentre per l’altro feritosi è intervenuti subito».
Si è opposta all’archiviazione dell’inchiesta per omicidio colposo anche Anna Altarelli, ex compagna dell’agente scomparso e madre di sua figlia Nicole, che non ha ancora due anni, assistita dagli avvocati Marcello Di Sclafani e Arveno Fumagalli.
L’udienza è durata poco più di mezzora, gli avvocati hanno argomentato davanti al giudice Mercaldo il loro diniego all’archiviazione basandosi anche sulle consulenze di periti di parte. Assente il pubblico ministero Paolo Del Grosso, il giudice si è riservato di decidere. Decisione che non dovrebbe tardare ad arrivare.
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