Fuga dalle case di riposo: costano troppo
In provincia sono crollate le liste d’attesa
Meno 64,16%Nel 2011 ammontavano a 1.049 le richieste dei nonni, oggi sono cadute a 639 . Motivo: la crisi economica e le cure a domicilio «più convenienti delle strutture residenziali»
Ecco cosa potrebbe succedere e cosa sta succedendo nella sanità con la riforma in discussione in Consiglio Regionale proprio in questi giorni.
È stato Ambrogio Sala, vicesindaco di Olgiate Molgora e appassionato di sanità, a fotografare la situazione ed a fare un confronto fra il 2011 e la situazione attuale, soprattutto per le case di riposo, nei tre distretti sanitari, Bellano, Merate e Lecco. La prima sorpresa è che a Merate crollano le liste d’attesa, ben del 64,16%. Nel 2011 c’erano 656 posti accreditati nelle case di riposo del distretto, dalla Monzini di Casatenovo a quella di Monticello, da Villa Cedri all’Istituto Frisia, alla casa di riposo di Brivio. In attesa c’erano ben 1.049 anziani, oggi con 602 letti ci sono 639 persone in lista d’attesa. Una diminuzione di 410 richieste che la dice lunga su due fenomeni, la crisi economica e l’uso delle cure a domicilio: «Come già dimostrato – spiega Sala - costa molto meno curare a domicilio o in strutture diurne che in quelle residenziali. L’invecchiamento e l’espansione dei malati cronici richiedono l’urgenza dell’organizzazione territoriale a partire dal distretto socio sanitario. In questa situazione la crisi economica ed occupazionale ci mette, ovviamente, lo zampino. Una famiglia, quando ha un problema ad un anziano o a un minore, cerca una soluzione il cui impatto economico sia il meno incidente possibile per il proprio bilancio. Se si tratta di anziani cronici si risolve con un po’ di ospedale, un po’ (ma poco, poco) con il servizio di assistenza domiciliare, un po’ con il centro diurno (nel nostro territorio sono pochissimi), ma soprattutto molto lavoro di cura all’interno della famiglia».
Anche nel distretto di Bellano c’è stato un crollo delle liste di attesa negli ultimi quattro anni, pari al 76,92%, mentre a Lecco solo del 24,1%. Però negli ultimi sei mesi, i primi del 2015, c’è un’inversione di tendenza.
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