Cronaca / Circondario
Lunedì 12 Marzo 2018
L’impresa di Vassena
Il C3, un progetto nato in prigionia
Il 12 marzo 1948 ad Argegno con Nino Turati, sommergibilista di Calolzio, scese a meno 412 metri. L’artigiano-inventore ideò il batiscafo durante la prigionia bellica nell’istituto di via Ghislanzoni a Lecco
Settant’anni fa, per l’esattezza il 12 marzo 1948 alle 13,16, un inventore di Malgrate, Pietro Vassena (1897/1967), con il suo piccolo sommergibile, il batiscafo C3, stupirono il mondo intero.
Al largo di Argegno, dove il lago di Como è più profondo, il C3 stabilì il record mondiale di profondità per un batiscafo scendendo nelle “viscere” del nostro lago a -412 metri: così come testimoniato dalla Guardia di finanza di Como che aveva “piombato” il manometro prima della straordinaria discesa.
Nel batiscafo, oltre a Pietro Vassena c’era Nino Turati un sommergibilista di Calolziocorte che aveva fatto parte dell’equipaggio del mitico “Enrico Toti”. Un’impresa incredibile per quei tempi: il piccolo C3, lungo poco più di otto metri, progettato e costruito dall’artigiano e vulcanico inventore lecchese aveva quasi ridicolizzato le marine di potenze mondiali quali America, Inghilterra e Giappone. Ma come era stato possibile?
Semplicemente perché il C3 di Vassena, a differenza delle popolari batisfere di quegli anni che necessitavano di una nave appoggio per le immersioni e gli spostamenti (anche a profondità maggiori), era autonomo. Cioè in grado di muoversi con propri mezzi sia in superficie che sott’acqua grazie all’ausilio di due motori, uno a scoppio e l’altro elettrico.
Torniamo all’evento. Erano passate da poco le 13 di quell’indimenticabile 12 marzo di settant’anni fa quando Pietro Vassena e Nino Turati comunicavano alla superficie (attraverso un cavo telefonico che come un cordone ombelicale era collegato al comballo d’appoggio dei cugini Barindelli di Loppia di Bellagio) di aver toccato il fondo del lago e che di lì a poco sarebbero iniziate le operazioni per riemergere.
Una giornata indimenticabile dicevamo, con i due protagonisti dell’impresa, una volta riemersi, festeggiati come dei veri eroi.
Due giorni dopo il C3 farà passerella nel porto di Como prima di rientrare trionfalmente a Lecco da dove la spedizione era partita il 9 marzo con il C3 al traino del Comballo “Como 131” dei citati Barindelli.
Ma come era nata l’idea di realizzare un sommergibile ad un modesto artigiano con il pallino delle invenzioni? Innanzitutto la scommessa di poter realizzare un batiscafo destinato, grazie anche alle sue piccole dimensioni, alla ricerca e al recupero di relitti sottomarini dell’ultimo conflitto bellico e per studi scientifici.
Durante la Seconda guerra mondiale Vassena aveva già realizzato un primo mezzo sottomarino, il Torpedo Snorkel Delfino, su cui pose gli occhi la Marina militare.
Tuttavia Vassena lavorava già da molto tempo sul progetto di un batiscafo. Da quando, nel 1945, accusato di collaborazionismo con il nemico, per alcune forniture di motori gasogeni ai tedeschi durante il periodo bellico (funzionavano a carbonella con produzione di gas in sostituzione della benzina che scarseggiava), venne rinchiuso nel “collegio-carcere” di Lecco in via Ghislanzoni (una scuola). Qui, nell’aula-cella numero 3 prese forma nella mente e poi sulla carta, il nuovo progetto. E il nome del sommergibile non poteva che essere C3 (cella numero 3).
Libero pochi mesi dopo Vassena si mise subito al lavoro e nel giro di tre anni, con grandi sacrifici (il C3 verrà a costare qualcosa come 17 milioni), ad inizio 1948, concretizzò il suo ambizioso sogno.
Dopo le prime prove-spettacolo nel Golfo di Lecco l’inventore decise di tentare la grande impresa lariana di Argegno con una spedizione rimasta poi nella storia.
Ma la storia di Pietro Vassena e del suo C3 durò ben poco perché il 20 novembre 48, al largo di Capri, durante un ulteriore tentativo di discesa a mare senza equipaggio e a grandi profondità - per un errore di manovra del personale della Marina militare addetto al verricello che filava il cavo al quale il sommergibile era ancorato - il C3 si inabissò per sempre. Pietro Vassena fece di tutto per recuperarlo ma inutilmente. Ancora oggi, malgrado alcuni tentativi di recupero, è in fondo al mare di Capri.
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