Cronaca / Circondario
Sabato 27 Marzo 2021
Lecco. Effetto Covid sulle lavanderie
Fatturato in calo per due milioni
Confartigianato sottolinea i danni provocati al settore dal lockdown
L’impatto negativo del coronavirus ha causato danni a tutti i settori economici, anche se alcuni ambiti sono stati colpiti più di altri.
Tra i cluster di servizi penalizzati più pesantemente dalla caduta della domanda c’è quello delle imprese di lavanderia e pulitura di articoli tessili e di pelliccia. «Il dimezzamento delle presenze turistiche associato a restrizioni sulla mobilità delle persone nell’anno della pandemia – spiega Daniele Riva, presidente Confartigianato Lecco – ha influito sull’attività di ristoranti e alberghi, così come sull’utilizzo e sulla relativa manutenzione di capi di abbigliamento. La chiusura degli impianti sciistici ha ridotto la manutenzione dell’abbigliamento tecnico. Il diffuso utilizzo di smart working e la cancellazione di eventi e cerimonie ha diminuito l’utilizzo del vestiario di più elevata qualità, su cui viene richiesto un maggiore utilizzo dei servizi di pulitintolavanderia».
Anche questa categoria, dunque, merita attenzione e supporto. «Anche se poco sotto i riflettori per le dimensioni di azienda, l’apporto all’economia del territorio e del Paese delle pulitintolavanderie è fondamentale come quello di tutte le attività artigiane che, seppur di dimensioni più ridotte rispetto ad altre imprese più “blasonate”, rappresentano l’ossatura del nostro sistema economico e sociale».
In provincia di Lecco il comparto presenta un’alta e diffusa vocazione artigiana: sono 59 le imprese artigiane registrate, pari al 60,2 % del totale. Il calo di fatturato che queste hanno registrato è pari a 2 milioni di euro.
«Il problema, per il nostro settore, ha più aspetti da considerare – ha spiegato Maria Adele Riva, della lavanderia La Bottega Del Pulito a Lecco -. Noi abbiamo la possibilità di restare operativi, ma non abbiamo solo clienti che vivono a Lecco e che, quindi, possono venire in negozio senza problemi. Ne abbiamo tanti che risiedono fuori città: Calolzio, Monte Marenzo, Pescate, Garlate, Torre de’ Busi e via dicendo. Con il divieto di uscire dal Comune di residenza, tutta questa parte del lavoro è venuta meno. Dopo il lockdown di marzo 2020 ci hanno permesso di riaprire e abbiamo accentuato il nostro servizio a domicilio, ma queste continue aperture e chiusure creano confusione e incertezza».
Questa è però, appunto, solo una parte del problema.
«Se non si può uscire di casa non si ha bisogno di fare i cambi di stagione, non si portano le proprie cose a stirare perché si ha il tempo per farlo personalmente, si sta sempre in tuta e quella la si mette senza problemi in lavatrice. Per non parlare della ristorazione: chiusa quella, è un’altra fetta di lavoro che viene meno per noi. Le difficoltà, a cascata, investono tutte le categorie collegate. Il risultato è che il fatturato è calato moltissimo e non riceviamo nessun aiuto. Si cerca di resistere, sperando di tornare presto in una condizione migliore, anche perché credo nel mio lavoro; ma a volte mi chiedo se non sia il caso di chiudere».
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