Cronaca / Circondario
Mercoledì 10 Giugno 2020
Lecco. «Dal territorio
nessuna risposta»
Husqvarna: rassegnazione e rabbia tra i lavoratori dello stabilimento di Valmadrera, a casa da un anno: «Ormai viene offerto solo lavoro stagionale o in nero»
Con la lettera di licenziamento arrivata nella giornata di venerdì, si sono spente anche le ultime speranze di tornare a produrre alla Husqvarna di Valmadrera, storica azienda del territorio specializzata nella produzione di motoseghe e tosaerba. La decisione era stata comunicata lo scorso anno dalla proprietà svedese, che aveva annunciato 80 esuberi a seguito della chiusura dei reparti produttivi. Dopo un anno di cassa integrazione straordinaria, per i lavoratori non resta che la disoccupazione.
Non è infatti andata a buon fine la ricerca di altre realtà industriali che potessero subentrare. «Al possibile acquirente – spiega Federico Civilini, lavoratore in azienda fin dal 1998 - non ci ho mai creduto, anche perché nello stesso periodo il gruppo stava tagliando migliaia di posti di lavoro in America. La delusione è tanta, anche perché quando lo scorso anno è arrivata la notizia dell’interruzione della produzione non ce lo aspettavamo proprio. In quel periodo c’erano addirittura voci di nuovi investimenti per ammodernare le linee».
Civilini in oltre 20 anni alla Husqvarna ha visto alternarsi molte proprietà: «Ho iniziato dalla linea produttiva, poi sono stato nel reparto carburazione e infine al magazzino. Da qualche anno avevamo paura per il destino dell’azienda, anche perché ogni tot tempo c’era un cambio di proprietà. Prima gli americani, poi irlandesi e tedeschi e infine gli svedesi». Eppure di progetti di rilancio ne sono passati diversi: «La produzione era stata automatizzata, ma si è andati incontro a problemi di mercato. Non andava più il motore a scoppio, si dovevamo passare a prodotti elettrici. Lo si è fatto solo in minima parte, un tentativo negli ultimi due anni che però non ha dato sbocco. Forse è stato fatto per darci il contentino». Ora Federico Civilini a 51 anni si trova a cercare una nuova occupazione: «In questi mesi ho fatto qualche lavoro in sostituzione, ma non ho ancora un posto stabile. Ho dei colloqui in ballo. Vista la mia età sono pronto ad adattarmi a quello che trovo. Con la cassa integrazione abbiamo preso poco più della metà dello stipendio. Adesso stiamo facendo le pratiche per la Naspi per i prossimi due anni».
Delusa dalla risposta del territorio è invece Chiara Corti, 45 anni, da 25 in Husqvarna: «Durante questo anno – racconta - abbiamo sperato in una cordata di investitori che potesse subentrare. Alla fine si è rivelato un sogno, ma avrebbe permesso ad alcuni di noi di arrivare alla pensione e ad altri di rimanere nel mondo del lavoro. La verità è che non esiste un piano territoriale di sviluppo del lavoro che possa fornire occasioni di occupazione».
Trovare una nuova collocazione è molto complicato: «Io non ho aspettato la chiusura dell’azienda. Quando ho capito che aria tirava avevo iniziato a cercare un nuovo lavoro, ma non ho trovato alcuna possibilità. Io facevo produzione, ma mi adattavo anche ad altre mansioni: carico e scarico, magazzino, centralino, inventario. Ho inviato curriculum ovunque, anche a supermercati e aziende agricole. Viene preso più facilmente un giovane e le donne sono ancora più svantaggiate?». Chiara Corti si aspettava maggior supporto: «Il Covid è stato solo il colpo finale. Negli ultimi dieci anni c’è stata una moria di aziende nel territorio, grandi e piccole, chi se n’è occupato? La politica era distratta? Lecco era una città manifatturiera, ma nessuno è intervenuto a supportare gli imprenditori per uno sviluppo alternativo o per la conversione di quelle imprese che stavano per chiudere. Oggi viene offerto solo lavoro a chiamata o stagionale per 3 mesi. Per non parlare di quanti lavorano in nero».
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