Cronaca / Circondario
Giovedì 30 Maggio 2019
La crisi Husqvarna
«Ci sentiamo traditi»
Valmadrera, operai in assemblea permanente: «Dieci anni senza assunzioni, l’età media è alta e anche la ricollocazione diventa complicata»
C’è chi è rimasto fuori dai cancelli della fabbrica di motoseghe e tosaerba per tutta la notte. Chi ha affrontato la pioggia e chi è stato invece “baciato” da qualche occhiata di sole.
I 102 dipendenti della Husqvarna di Valmadrera da lunedì sono in assemblea permanente dinanzi allo stabilimento di via Santa Vecchia. Da quando hanno appreso – la maggior parte dai sindacati, perché il management con gli operai non si è fatto vivo – che i loro posti di lavoro sono a rischio (in questa prima fase l’ottantina di addetti alla produzione, ma in prospettiva tutti quanti) sono scesi sul piede di guerra.
Ma quello che si respira è più delusione e frustrazione che rabbia. «Io lavoro qui da 35 anni – commenta Renato Valsecchi – e in quest’azienda abbiamo sempre garantito impegno e qualità. Tanto che siamo stati sempre l’azienda qualitativamente migliore di tutto il gruppo. Questo stabilimento è sempre stato competitivo, ma col venir meno della produzione legata al vecchio marchio McCulloch, considerata poco redditizia dalla proprietà, non c’è stata compensazione».
«Dal 2008 abbiamo avuto qualche difficoltà. Con la multinazionale che ci ha lasciati monoprodotto abbiamo sempre dovuto far ricorso a 13/15 settimane di cassa integrazione all’anno. Nell’incontro di tre settimane fa ci hanno detto che a rischio sarebbe stata la metà dell’organico – aggiungono Roberto Scicchitano e Marco Maggiolini - ma venerdì hanno rivelato che l’impatto sarebbe stato ben più pesante, arrivando al 70% dei dipendenti. L’età media ormai è alta: da 10 anni non ci sono state assunzioni e il più giovane ha 40 anni. Se si considera che da tempo qui si faceva solo assemblaggio, anche la ricollocazione diventa complicata».
«Non ci aspettavamo un taglio di questo tipo – afferma Pietro Cesana -. Abbiamo sempre lavorato al massimo e quando ci è stato chiesto qualcosa di più non ci siamo tirati indietro, dando sempre tutto».
Il trattamento subito lascia quindi sconcertati, e non solo per il rischio di vedersi “sottratto” il posto di lavoro.
«Il direttore e i vertici dell’azienda non si sono nemmeno degnati di dirci come stavano le cose: ne hanno parlato con gli impiegati, ma a noi l’hanno fatto dire dai sindacati – incalza Raffaele Gentile -. E quando, lunedì, abbiamo fatto l’assemblea, hanno pure chiamato i carabinieri, forse per paura di tensioni e reazioni che comunque non ci sono state».
Tra i lavoratori, fuori dai cancelli, anche ieri sono stati presenti a lungo il segretario della Fiom lecchese Fabio Anghileri e Pier Angelo Arnoldi della Fim Cisl, che stanno seguendo la questione in prima persona. Il prossimo passaggio sarà l’incontro che, lunedì, si svolgerà in Confindustria, nel tentativo di ottenere dalla proprietà qualche margine d’azione.
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