«Ha insultato mia madre. E non ho capito più nulla»

«Mi aveva chiesto una sigaretta, ma le avevo finite. Ne è nata una discussione, poi ha detto una parola su mia madre che non vedo da dodici anni e da lì non ricordo più nulla». Haruna Guebre, venticinquenne italiano originario del Burkina Faso ha ricostruito quanto accaduto nel primo pomeriggio del 29 agosto dello scorso anno in stazione a Calolzio.

Lo ha fatto questa mattina durante la nuova udienza del processo per l’uccisione di Malcom Mazou Darga, 23 anni, anche lui del Burkina Faso. Guebre, affiancato dagli avvocati difensori Marilena Guglielmana e Ilaria Guglielmana, deve difendersi davanti alla Corte d’Assise di Como dall’imputazione di omicidio volontario aggravato dai futili motivi che, per la Procura di Lecco, sarebbero proprio la sigaretta negata.

Nella stessa udienza anche le parole di due testimoni oculari: il collega con cui l’imputato ha raggiunto la stazione alla fine del proprio turno di lavoro e una ragazza che si trovava sui binari. Il primo ha riferito di non aver visto il momento dell’accoltellamento (due i fendenti fatali, uno alla gamba e uno al petto) ma ha restituito il contesto in cui è avvenuta la discussione; la seconda invece ha affermato di aver visto i due colpi. Nell’udienza del prossimo 26 giugno dovranno essere depositate le conclusioni sia del perito nominato dal tribunale e che le consulenze di parte circa la capacità di intendere e volere dell’imputato.

Il quesito posto dalla Corte riguarda l’attuale capacità di stare in giudizio di Guebre e la capacità nel momento in cui è avvenuto l’omicidio. Già nell’udienza del 26 giugno si potrebbe arrivare alla discussione, che altrimenti slitterebbe al 3 luglio.

© RIPRODUZIONE RISERVATA