Condannato per associazione mafiosa
Il docente non tornerà al Romegialli

Morbegno La Cassazione ha respinto il ricorso di Ernesto Palermo, tecnico di laboratorio. Sottolineata nella sentenza la «gravità della violazione degli obblighi imposti ai docenti»

La Corte di Cassazione conferma la legittimità del licenziamento di Ernesto Palermo.

Ex consigliere comunale a Lecco, eletto nelle file del Pd per poi passare al gruppo misto, 55 anni, residente a Galbiate, ricopriva la professione di tecnico di laboratorio all’istituto Romegialli di Morbegno.

Arrestato nell’aprile del 2014 (il fatto destò forte sconcerto tra gli studenti e il corpo docente), era stato condannato in via definitiva a dieci anni e quattro mesi per il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso, con interdizione perpetua dai pubblici uffici, nell’ambito del processo dell’inchiesta Metastasi.

L’indagine

L’indagine della direzione investigativa antimafia di Milano aveva portato alla luce gli affari e i tentativi di infiltrazione del gruppo malavitoso che faceva riferimento al boss ’ndranghetista Mario Trovato.

Un sodalizio attivo fra Lecco e Valmadrera, negli anni fra il 2010 e il 2012, con legami con attività economiche e con la politica.

A seguito del passaggio in giudicato della sentenza penale di condanna, il ministero dell’Istruzione ha provveduto al licenziamento di Palermo per giusta causa. Provvedimento che è stato impugnato in tutti i gradi di giudizio: davanti al tribunale di Sondrio, in Corte d’Appello a Milano e infine davanti alla sezione lavoro della Suprema Corte, in tutti i casi con sentenze che hanno legittimato la decisione del Ministero e dell’ufficio scolastico

Pronunciamenti, come ribadito dalla Cassazione nella sentenza depositata negli scorsi giorni, che si basano sulla «gravità della violazione degli obblighi imposti al personale docente» e sul rilievo che la condanna per associazione di tipo mafioso con pena accessoria dell’interdizione legale dai pubblici uffici comporta un «rilevante pregiudizio del rapporto fiduciario scuola-famiglia e pesante discredito dell’amministrazione scolastica», così da integrare gli estremi della giusta causa di licenziamento, tenuto anche conto della reiterazione degli illeciti.

Le sentenze

Secondo le sentenze passate in giudicato, infatti, Palermo sarebbe stata figura di collegamento fra l’organizzazione criminale e il territorio, tanto da muoversi in prima persona, facendo leva sul suo ruolo di consigliere comunale, per cercare di influenzare l’affidamento della gestione del Pratone di Paré a Valmadrera, così che venisse assegnata a una società che faceva riferimento a Mario Trovato.

La difesa di Palermo, nel ricorso sul licenziamento presentato in Cassazione, ha fatto leva su una presunta non adeguatezza e proporzionalità della sanzione rispetto al diritto alla salvaguardia del posto di lavoro.

Argomento respinto dalla Cassazione alla luce della «reiterazione delle condotte, dall’esser le stesse gravemente contrarie al dovere di adempiere le funzioni pubbliche affidate con disciplina ed onore e dalla stessa entità della pena irrogata con contestuale applicazione della sanzione accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici perpetua».

La Corte ha quindi rigettato il ricorso e condannando Palermo al pagamento delle spese processuali.

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