Cronaca / Circondario
Venerdì 22 Luglio 2016
Commilitoni si ritrovano dopo 60 anni
Hanno sempre abitato a pochi chilometri
Bulciago-Malgrate, condivisero il servizio militare, 18 mesi in Alto Adige nel 1956, poi non si erano più visti
Non è servito Facebook: Maggi ricordava quel periodo al poliambulatorio Asl e una donna ha riconosciuto Casati
Carramba: che storia, quella del bulciaghese Giuseppe Maggi e dell’ex commilitone Sergio Casati, di Malgrate: classe 1933, si sono ritrovati dopo sessant’anni esatti da quando condivisero il servizio militare.
Allora, metteva a dura prova i giovani: Maggi e Casati appartenevano al quinto battaglione alpino “Bolzano”.
«Il nostro – ricorda Maggi - fu il primo scaglione a fare i 18 mesi; col Casati, a Brunico, seguimmo il corso per marconisti. Le radio erano l’unico modo per comunicare col comando nei lunghi mesi in montagna». Maggi conserva le istruzioni dei componenti; nemmeno il trascorrere degli anni ha affievolito i ricordi; anzi, gli episodi della gioventù riaffiorano vividi.
È stato così che il bulciaghese si è ritrovato recentemente a parlare del militare nella sala d’attesa del poliambulatorio di Oggiono; una parola tira l’altra ripensando a quando c’era la “naja” e a quante ne aveva passate con l’amico fraterno Casati, mai più rivisto né sentito dal 1956; Maggi, dopo il militare, si era sposato, era divenuto padre di tre figli. Ora, pensionato, con più tempo a disposizione, l’immagine di qualche amico e la domanda su che fine avesse fatto sorgeva più incalzante, ma non ci sono volute diavolerie alla Facebook, in quanto la sorte ha giocato le sue imbattibili carte.
Proprio in quella sala d’attesa, tra la gente in fila che ascoltava incuriosita il racconto dell’anziano sconosciuto, ecco levarsi una voce inattesa: «Sergio Casati? Lo conosco io. Abita a Malgrate». In un batter d’occhi, tempo e spazio si sono annullati. Giuseppe Maggi, di rientro a casa, ha subito coinvolto nella ricerca i figli, tra cui Cristina, che racconta: «Abbiamo guardato sulla guida del telefono; il nome c’era; abbiamo chiamato: era proprio lui. Il signor Casati è stato contentissimo; si ricordava anche lui ogni dettaglio. Ci siamo accordati per andare a trovarlo; ci ha raggiunti poi suo figlio. Mio papà ha portato le foto, gelosamente custodite: ne ha tante, di Merano, Brunico, Vipiteno, dei campi estivi e invernali al passo Giovo, con 35 gradi sotto zero: si dormiva ammucchiati per riscaldarsi, come hanno ricordato mio padre e il suo commilitone; non si toglievano mai gli scarponi, altrimenti poi ghiacciavano ed era impossibile indossarli».
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