«A quanto ci risulta, padre Giovanni “Juan” Corti è l’unico lecchese al quale sia all’estero sia stato fatto un monumento: ecco, noi ci sentiamo onorati di essere rappresentati da lui»: l’altra sera, in auditorium “Cesare Golfari”, Serafino Ripamonti (autore de “I Ragni di Lecco. Una storia per immagini”, Rizzoli 2020) ha introdotto così la figura del salesiano galbiatese in missione dal 1952 in Patagonia, dove spirò nel 2013.
La conferenza - con ospite il giornalista Giorgio Spreafico - è stata promossa anzitutto dalla Comunità Montana Lario Orientale e Valle San Martino per celebrare i cinquant’anni della salita al Cerro Torre dei Ragni di Lecco, alla cui logistica padre Corti stesso contribuì - zio di Pino Negri che apparteneva ai Ragni - ma la serata ha altresì, di fatto, aperto le celebrazioni che si terranno nel 2025 a Galbiate per il centenario della nascita del sacerdote.
L’assessore comunale alla Cultura di Galbiate, Franco Limonta, ha parlato del «desiderio di infinito» che ha sempre animato padre Corti e anche le imprese dei Ragni. La vicesindaco Maria Butti ha definito «molto bello ricordare una figura che è parte della storia stessa di Galbiate». Nel merito dell’impresa alpinistica epocale e del «vento incessante, che dà voce a una minaccia costante di morte, tanto che nessuno poteva nemmeno sperare di scalare quella vetta, così bella e impossibile», ha parlato appunto Spreafico.
Ripamonti si è riallacciato con la storia di padre Corti, che fece da base per gli alpinisti. Entrato in seminario salesiano, era partito nel 1947 per l’Argentina dove, a Cordoba, fu ordinato sacerdote nel dicembre del 1952. In Patagonia, a Comodoro Rivadavia, fu inviato per insegnare matematica; ben presto, però, padre Corti capì che i ragazzi laggiù erano così poveri da avere anzitutto bisogno di poter mangiare almeno una volta al giorno. Cominciò così la sua opera di raccolta di cibo e indumenti per gli orfani e le famiglie più bisognose, sensibilizzando e coinvolgendo con passione le famiglie della città fino ad arrivare a costruire il primo oratorio. Avviò poi - come si è sentito raccontare dalla sua voce, in un filmato d’epoca - la realizzazione di una «scuola di arti e mestieri», poi una chiesa; gli stessi alunni, diventati impiegati, operai, ragionieri, imprenditori, medici, aiutarono poi padre Corti nella prosecuzione della sua missione, così come i tanti amici lasciati in Italia.
Fu altresì nella base aerea antartica, cappellano militare nel 1982, durante la guerra delle Falkland. Un importante sostegno gli fu sempre garantito dagli imprenditori di Galbiate e dintorni, che inviavano materiali, offerte sostanziose e persino maestranze per contribuire alla costruzione delle strutture nelle quali padre Corti si è via via cimentato. Ripamonti ha ricordato infine la madre del sacerdote con quella vivida e toccante scena, della partenza del figlio, in nave, da Genova, per una terra mai sentita, che la donna aveva dovuto andare a farsi spiegare dalla maestra del paese: “Se devi andare così lontano - gli disse prima dell’ addio - vacci almeno per fare qualcosa di grande. Ma se è per qualcosa di grande che ci vai, beh, allora, sono io che ti ci mando».
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