
Lecco calcio / Lecco città
Martedì 29 Aprile 2025
Aliberti e il «coraggio» di amare il Lecco
Il vicepresidente e a.d.: «Questa parola ricorre spesso da fine giugno. Innanzitutto rappresenta il coraggio di imbarcarsi in questa avventura. Non avremmo dovuto essere proprietari al cento per cento, ma ci siamo presi questo fardello»
Lecco
«Coraggio». È questa la parola che Francesco Aliberti, amministratore delegato del Lecco e vicepresidente, sceglie come simbolo della prima stagione passata dalla sua famiglia in riva al ramo “giusto” (calcisticamente parlando) del Lario. Intervistato da Mario Servillo nel programma “Unica Calcio Lecco”, Aliberti spiega: «Questa parola ricorre spesso da fine giugno. Innanzitutto rappresenta il coraggio di imbarcarsi in questa avventura. Non avremmo dovuto essere proprietari al cento per cento, ma ci siamo presi questo fardello dopo Di Nunno. Per cui abbiamo iniziato questa nuova avventura del tutto nuova per me e mio padre, mentre l’altro amministratore, mio zio Michele, aveva già avuto importanti esperienze calcistiche».
Tanti sogni che si sono però scontrati con la realtà di un campionato molto più tignoso del previsto. «La stagione non è andata come speravamo all’inizio - ammette Aliberti - abbiamo dovuto cambiare allenatori e giocatori. Un “coraggio” dovuto alla situazione, visto che eravamo con l’acqua alla gola. Chi sa di calcio, si rende conto che quando finisci in cattive acque, il rischio di rimanerci e poi scendere c’è. Lo dimostrano società che hanno speso anche molto più di noi. Non ce l’aspettavamo, di cambiare tre allenatori, ma c’è voluto comunque coraggio per non mollare mai; con scelte magari incomprensibili: mi riferisco al mercato di gennaio, che però poi si sono rivelate buone perché ci siamo salvati, cosa non così scontata a gennaio- febbraio».
Eppure, nonostante questi mesi turbolenti, la famiglia Aliberti non è pentita di essersi fatto carico del Lecco. «Siamo sempre stati felici, anche nei momenti più bui - conferma il vicepresidente - Perché comunque è vero che il calcio è uno sport e che ogni società sportiva si basa in buona parte, se non in tutto, sui risultati; ma la felicità di aver sposato questa città, questa tifoseria, c’è sempre stata. Anzi, il fatto di vedere il sostegno della tifoseria sia in casa che soprattutto fuori, ci ha confermato che abbiamo fatto una buona scelta». Se gli si chiede che cosa non abbia funzionato in questa stagione, Francesco Aliberti risponde così: «Probabilmente abbiamo sottovalutato gli strascichi mentali della retrocessione, nel senso che oggettivamente la squadra che è rimasta in estate aveva l’ossatura di quella che aveva vinto i play-off due stagioni or sono e che è rimasta anche in parte in B. Probabilmente questi giocatori hanno accusato più di quel che noi pensavamo le conseguenze deprimenti di una retrocessione avvenuta solo pochi mesi prima. Poi, per quanto riguarda gli allenatori, non ho le capacità per dire adesso cosa non abbia funzionato. Tecnicamente, tatticamente sicuramente il fardello della retrocessione è stato pesante. Mentre i giocatori presi a gennaio, venendo da situazioni dove magari giocavano poco, hanno probabilmente avuto voglia di rivalsa e questo mix di fattori ha portato a alla salvezza. Senza chiaramente dimenticare l’apporto direi fondamentale dello staff di mister Valente».
Quanto agli obiettivi del prossimo campionato, Aliberti non ha dubbi: «Fare meglio di questa stagione. Non avremo tutti i problemi che abbiamo ereditato in estate che ci hanno costretto a fare le cose di corsa. E poi si vedrà dove arriviamo. Non escludiamo nulla. Chiaramente non prometteremo mai nulla perché non ha senso promettere la B». Una parola, infine, per sul futuro di Sipos e Kritta: «L’intenzione è quella di tenerli - assicura l’Ad - Poi sappiamo insomma che il calcio può essere imprevedibile».
© RIPRODUZIONE RISERVATA