Cultura e Spettacoli / Tirano e Alta valle
Sabato 05 Agosto 2017
Una grande attrice e un classico che rivive
Teglio Teatro Festival: Maria Paiato ha conquistato tutti con la sua lettura vibrante de “Il Gattopardo”. «I reading hanno un potenziale interessante sul palco, sono semplici a livello tecnico e costano meno».
L’umiltà dei grandi si presta perfettamente a Maria Paiato, forse una delle migliori attrici nel panorama nazionale che, ieri, nella piazzetta Salis di Tirano ha concluso la serie di quattro serate dedicate alla lettura de “Il Gattopardo” di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Paiato – ma tale la sua affabilità con il pubblico prima e dopo i reading che, alla fine, era per tutti soltanto Maria – ha deliziato, incantato, sorpreso con le sue interpretazioni colorite, appassionate, vibranti, perfette nei tempi e nei toni della famiglia Salina e del mondo siciliano del 1860. Un testo, “Il Gattopardo” che molti associano al film di Luchino Visconti, ma che non tutti hanno letto, forse anche perché impegnativo. Eppure Paiato lo ha reso godibile e pure divertente, rimarcando con quel suo modo eccezionale di recitare le punte di ironia.
Ma come è possibile ridurre un romanzo così voluminoso in quattro puntate e proporlo al pubblico? «Quando l’anno scorso a Ferrara in occasione del centesimo anno della nascita di Giorgio Bassani, lo “scopritore” di Tomasi di Lampedusa e suo editor, mi è stata proposta questa lettura in quattro puntate ho avuto all’inizio qualche dubbio. Invece è risultata una lettura piacevole e il pubblico è aumentato di sera in sera. Giulio Costa si è occupato dall’adattamento testuale facendo tagli con grande sapienza e scegliendo musiche appropriate di accompagnamento».
Ma lei lo aveva mai letto prima? «Sì, “Il Gattopardo” mi ricorda i miei viaggi a Roma nel 1981 quando dovevo andare in Accademia per fare l’esame di ammissione. Allora ci volevano sei ore in treno e questo libro mi ha accompagnato e portato fortuna. Credo che anche per il pubblico vacanziero e itinerante del Teglio Festival sia stato perfetto. Ne valeva la pena...».
I reading, tra l’altro, stanno andando molto di moda ultimamente… «I reading hanno un potenziale interessante per tanti motivi. Sono semplici a livello tecnico. E costano meno. Purtroppo la storia del teatro si è evoluta non solo nel senso della poetica, ma anche per i fatti storici. Oggi è difficile pensare di scrivere un testo per 15 attori. Per quanto riguarda il reading, se lo sai fare bene con testi di un certo tipo, se ci metti attenzione e cura, questo può regalare allo spettatore un immaginario favoloso. Il pubblico può vedere al di là della parole».
Archiviata questa esperienza estiva, cosa c’è nel suo orizzonte? «Dall’autunno lavorerò su due momenti. Il primo è la ripresa di “Play Strindberg” di Dürenmatt che porterò anche al teatro Ciro Menotti di Milano a novembre. La pièce, in cui viene messa in parodia la danza macabra di Strindberg, ha uno sguardo ironico, sarcastico e acido sulle relazioni fra le persone. Recito insieme a Maurizio Donadoni e Franco Castellano, con la regia di Franco Però».
E il secondo? «Da marzo girerò con “Stabat mater” di Antonio Tarantino con la regia di Giuseppe Marini. Si tratta della trasposizione in un’epoca attuale della Madonna, donna di una periferia degradata, che si ritrova ad affrontare la via crucis del figlio».
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