Cultura e Spettacoli / Morbegno e bassa valle
Giovedì 31 Gennaio 2019
Sul palco un duo che sembra un’orchestra
Morbegno, Enrico Rava al flicorno e Danilo Rea al pianoforte incantano la folta platea dell’auditorium Sant’Antonio. Tra musicisti e pubblico scocca subito la scintilla - Spettacolo unico fra standard jazz e classici della musica popolare.
Entrano in punta di piedi ed escono su un tappeto rosso. Insieme. Perché insieme stanno veramente bene e lo hanno dimostrato una volta in più sabato all’auditorium morbegnese, il Sant’Antonio. Qui all’interno della rassegna Qm Live firmata dall’associazione culturale Quadrato Magico, si sono esibiti due fra i jazzisti italiani più conosciuti all’estero, Enrico Rava al flicorno e Danilo Rea al pianoforte.
Una serata applauditissima com’era scontato, così com’erano scontati i momenti di intenso lirismo, che ci sono stati, e la scintilla fra i due poeti della musica che è scoccata da subito e fra i musicisti e il pubblico. Un pubblico eterogeneo più del solito, composto da parecchi appassionati del genere arrivati anche da fuori provincia, ma anche da semplici amanti della musica che non hanno voluto perdersi uno spettacolo unico e che non sono stati affatto delusi da un appuntamento capace di fare stare bene tutti. Del resto la garanzia data dalla presenza di due maestri simili c’era sin dalle premesse, poi Rava lo aveva detto: «Una scaletta non c’è, i pezzi li scegliamo in base all’acustica del luogo e da quello che ci restituisce e da come sentiamo il pubblico, da lì si segue una direzione». Così sabato la direzione seguita ha lasciato parlare la musica, che ha dialogato con canzoni italiane e americane conosciute, con gli standard, passando da Lucio Battisti a Gerry Mulligan e Chet Baker, da Miles Davis sino alle citazioni di Armando Trovajoli.
E per quanto la formula del duo sia per sua natura introspettiva per la capacità di mettere a nudo ogni linea strumentale, non sono mancate le esplosioni, il fraseggio improvvisamente veloce, fra standard jazz e classici della musica popolare che hanno scatenato gli applausi più aperti. Si sono susseguite le battistiane “E penso a te” e “Il tempo di morire”, quindi “When Lights Are Low” di Benny Carter per toccare le note di “E Lucevan le Stelle”, tratto dalla Tosca di Puccini. Poi l’intensa rilettura di “My funny Valentine” e “Profumo di donna”, brano che consente ai due di scherzare. «Non so perché Danilo vuole sempre suonarla, sarà per il titolo» dice Rava. «Come la suona Enrico non la suona nessuno» ribatte Rea. Si passa quindi allo swing di “Line for lyons”, al ritmo di “Quizás”, poi “Le solite cose” e “Cheek to cheek”. I due si divertono e sono contagiosi, sanno alternare giochi allegri, in crescendo, dettano a turno i ritmi e quando c’è da lasciare il passo lo cedono volentieri per riprenderselo. E giù applausi dalla platea, che sta al gioco filtrato dalla sensibilità dei due musicisti.
La strana coppia, ma poi mica tanto strana, ha dimostrato come non contino i confini e le differenze generazionali quanto ci si incontra, in platea, sul palco dove un pianista sorridente, puntuale, ma estroso e un trombettista con una bella faccia da jazzista consumato e dalle doti da incantatore hanno suonato come fossero un’orchestra, in intima armonia seguendo un filo discontinuo di suggestioni. «Perché - ha detto Rava - se funziona con i musicisti e il pubblico si crea una democrazia perfetta, è un piacere grande fare musica con gli altri quando c’è una corrente telepatica e il jazz è questo, somiglia al lavoro degli attori del teatro dell’arte che improvvisano su un canovaccio». Nel jazz funziona così, poi essere musicisti formidabili aiuta.
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