Cultura e Spettacoli / Sondrio e cintura
Lunedì 05 Dicembre 2022
Storie di contrabbando, destini divisi dal confine
Attraverso le carte dell’Archivio di Stato ci si può immergere nel clima delle nostre valli nel 1944. Non solo racconti romantici: c’è chi è morto per tre sacchi di riso. Gli intrecci con la lotta partigiana
Un viaggio fra le storie di confine e il contrabbando da e per la Svizzera nel secolo scorso quello che si può fare all’archivio di Stato di Sondrio che, in occasione del programma “Novecento di contrabbando”, ha aperto i propri faldoni per la mostra “Storie di confine. Il contrabbando da e per la Svizzera nel secolo scorso”, visitabile fino al 9 dicembre.
La ricostruzione
Tre in particolare le storie di uomini, presentate dalla direttrice, Tiziana Marino, ambientate sul confine italo-svizzero e ricostruite sulla base della documentazione rinvenuta nei fascicoli penali della Pretura di Sondrio.
«Queste testimonianze dimostrano che il contrabbando e l’espatrio clandestino erano particolarmente diffusi in varie zone della Valtellina e che, nella maggior parte dei casi, coloro che ne furono accusati vennero scagionati o i reati da loro commessi furono successivamente dichiarati estinti per amnistia», spiega Marino .
«Tra le merci che oltrepassano il confine da e per la Svizzera vi sono riso, farina gialla, suole di gomma, sale, fiaschi di vino, lettere, denaro e persino una macchina da scrivere riposta in una valigia - continua -. In alcuni casi i prodotti vengono acquistati o venduti e talvolta invece sono scambiati con altre merci. Le persone sospette, sorprese lungo il confine, se non rispettano l’ordine di fermarsi e fornire le proprie generalità alle guardie, possono anche essere intimorite con l’uso delle armi, secondo il disposto dell’art. 158 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, il quale dispone che “chiunque, senza essere munito di passaporto o di altro documento equipollente a termini di accordi internazionali, espatri o tenti di espatriare, quando il fatto sia stato determinato, in tutto o in parte, da motivi politici, è punito con la reclusione da due a quattro anni e con la multa non inferiore a L. 20.000».
«In ogni altro caso - prosegue -, chiunque espatri o tenti di espatriare senza essere munito di passaporto è punito con l’arresto da tre mesi a un anno e con l’ammenda da L. 2000 a 6000. È autorizzato l’uso delle armi, quando sia necessario, per impedire i passaggi abusivi attraverso i valichi di frontiera non autorizzati”».
Giugno 1944
La prima storia si svolge nel giugno del 1944, durante il consueto servizio di perlustrazione e appostamento effettuato dagli agenti della Guardia di Finanza, in cui vengono sorprese due persone sospette: Gregorio Fancoli e Paolo Della Valle. Le prime dichiarazioni rilasciate sono per Fancoli «di essersi recato in Isvizzera il giorno prima per acquistare del sale per uso famigliare» e per Della Valle «di essere disertore militare […] fin dall’8 settembre 1943 e che si recava in Italia per consegnare alcune lettere a persone residenti in Comune di Chiuro e di Ponte Valtellina».
I due sono arrestati e condotti in caserma, ma, giunti nei pressi di Sant’Antonio in Val Fontana, Della Valle viene ucciso da un colpo di moschetto mentre tenta di fuggire. Fancoli è affidato al Comando militare germanico di Tirano per l’ulteriore sviluppo delle indagini, e, dopo la fine della guerra, il 13 agosto 1946, i reati addebitati all’imputato rientrano tra quelli per i quali è stata concessa l’amnistia e perciò il pretore di Sondrio dichiara di non doversi procedere.
Val di Togno
La seconda storia è ambientata in Val di Togno, dove, nel luglio del 1944, quattro persone sospette vengono sorprese dai doganieri tedeschi nel corso dei loro consueti controlli di pattuglia.
Due riescono a fuggire, Tommaso Secondo Parolo muore, raggiunto da uno dei colpi di arma da fuoco sparati per avvertimento e Annibale Parolo viene arrestato. Nel corso della perquisizione si raccontano alcuni dettagli dell’azione: «L’italiano posto dietro ad una roccia fu subito perquisito ma non gli si trovò arma alcuna. L’arrestato gridò immediatamente: “Vi prego, lasciatemi vivere non sono un partigiano”. Egli raccontò che essi volevano contrabbandare in Svizzera. Lo costringemmo a togliere dal nascondiglio la merce che doveva essere contrabbandata. Quanto di contrabbando fu trovato: 3 sacchi di riso di circa 30 kg, poi un sacco di farina di circa 30 kg».
Annibale Parolo viene imputato di tentato espatrio clandestino e tentata esportazione abusiva di merci (riso, farina gialla e suole di gomma) e rinchiuso nel carcere di Como. Anche in questo caso come per Fancoli, dopo la fine della guerra, viene concessa l’amnistia.
«La terza storia vede i protagonisti, Andrea Salvetti e Florindo Parolini, alle prese con il trasporto oltre il confine di una valigia contenente una macchina da scrivere – prosegue Marino -. Giunto al luogo convenuto con due ore di ritardo, Salvetti non trova i contrabbandieri con i quali aveva preso accordi, ma una valigia, appositamente preparata e contenente una macchina da scrivere, che prende con sé incamminandosi verso la Svizzera.
Il fuggitivo
Lungo il percorso incontra Florindo Parolini e gli affida la merce, facendosi dare in cambio il compenso pattuito pari a 200 lire. Nel viaggio di ritorno, Salvetti viene arrestato dai militari della Polizia confinaria germanica, tradotto al comando della Polizia germanica di Como per l’interrogatorio e condotto nelle carceri giudiziarie di Como. Parolini invece si rende irreperibile.
Nel giugno del 1944, Salvetti, munito di foglio di via obbligatorio rilasciato dalla Questura di Como, è scortato nel viaggio in treno diretto a Sondrio, ma, a seguito dei disordini causati da un gruppo di partigiani a S. Pietro di Berbenno, riesce ad eludere la sorveglianza degli agenti e a fuggire.
Nel corso del processo, intentato dalla Pretura di Sondrio, Salvetti e Parolini vengono assolti dalle accuse di tentato espatrio clandestino e di mancato rispetto degli obblighi derivanti dal foglio di via obbligatorio e dichiarati colpevoli di tentata esportazione abusiva e condannati ciascuno a 15 giorni di reclusione e a 500 lire di multa e inoltre al pagamento delle spese processuali. Il reato rientra infine tra quelli dichiarati estinti per amnistia.
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