Cultura e Spettacoli / Valchiavenna
Lunedì 14 Gennaio 2019
Paludi al Pian di Spagna e lotta alla malaria
Un rarissimo fascicolo stampato nel 1803 descrive la drammatica situazione nel lago di Novate. L’autore, Antonio Della Porta, propone una serie di rimedi per la bonifica e il deflusso delle acque.
“Ai confini del Lario, ed in quella più angusta sezione che lago della Mezzola apellasi, è collocato Novate. Esso [è] il centro nel quale si avvicenda un reciproco commercio fra Como, Lecco, la Valtellina e Chiavenna e da cui si apre la via che guida alle industriose Provincie Elvete ed Alemanne. Evvi sulla prossima sponda, che Riva di Chiavenna suol dirsi, un’ampla dogana ed un convenevole albergo per li viaggiatori”.
Così si legge in un rarissimo fascicolo di 24 pagine in 16°, stampato a Como nel 1803 presso la tipografia di Pasquale Ostinelli a Porta Milano. Devo alla cortesia dell’amico Oscar Sceffer di esserne venuto in possesso. Si intitola “Riflessioni sull’Adda e sull’insalubrità del territorio di Novate del delegato per la facoltà medica e per la sanità nel dipartimento del Lario Antonio Della Porta”.
Siamo in periodo napoleonico e, come si apprende dalla dedica al prefetto dipartimentale del Lario Giuseppe Casati datata 4 agosto di quell’anno, l’autore, Antonio Della Porta, era medico di quel dipartimento dal dicembre precedente e aveva già pubblicato alcune relazioni, tra cui “Della salubrità del clima di Como e delle cause che possono pregiudicarlo”, un lavoro stampato nel 1790. Membro dell’Ufficio centrale medico, era stato anche promotore del Regolamento medico in Valtellina e negli ex contadi di Chiavenna e Bormio. In luglio di quel 1803 il Della Porta era stato in Valtellina e Valchiavenna e in quest’ultima, – scrive – esplorati con occhio di disamina gli abitanti dell’anzidetta comune (Novate), non senza sorpresa riconobbi che un generale pallore cuopriva que’ volti scarni e melanconici”. Presto si avvide, “dalla gravezza e dal fetore che risentivasi a quella spiaggia, essere da una notevole insalubrità d’aria forzati ad uno stato compassionevole li sconsolati terrieri”. Lo stesso parroco Giovanni Fiori, pure di Como, si disse “dolente spettatore di sciagure e di lagrime presso che costanti e perenni e di vedove spose e d’orfani figli per l’acerbo rapimento e del consorte e de’ genitori involati al seno delle languenti famiglie dalla nerezza delle mortifere endemiche febbri dominanti singolarmente negli ardori estivi, ove l’atmosfera è vieppiù contaminata da putridi marassi”. Perciò d’estate chi poteva riparava altrove, o in val Codera o a Chiavenna.
Tra le cause l’autore osserva: “La Provincia eresse da lungo tempo la dogana e l’albergo surriferito per l’attività del commercio che è la vita del Paese. I locatari invitati dall’opportunità del luogo alla pescagione si avvisarono di costrurre una bassa e breve muraglia all’ingresso dello stagno. Ridondando il lago negli estivi mesi per dovizia d’acque d’ogn’intorno crescente, sorpassa quell’umile circoscritto livello e vi entra seco traendo fecondo stuolo di pesci, il quale nella diminuzione delle acque vi rimane prigioniero e rendesi preda d’una mal’intesa cupidità di lucro […]. Per siffatta speculazione […] offre un vantaggioso annuo prodotto, di qual luttuoso nocumento non è ella apportatrice all’agricoltura, al commercio, alla vita degli uomini! Per essa veggonsi con alterne vicende sviluppate le febbri intermittenti, perniciose, putride, nervose, le quali, infierendo ne’ periodi estivi, sogliono immolare più vittime al morbo dominante”. Quindi il Porta propone di eliminare il muro davanti alla Riva, “il quale dietro la confisca retica appartiene in parte alla Nazione”, e di fare affluire più acqua dal fiume Mera mediante canali, per diminuire le paludi, ridare l’area all’agricoltura e “parimenti rassicurarsi della prosperità e letizia degli abitanti di Novate”. E conclude: “Io ho abbozzato un pensiero cui non posso trattenermi di aggiungere che una compagnia volontaria di Zappatori sempre intrepidi e costanti nella fatica, se fosse posta al divisato travaglio, produrrebbe con ammirevole sollecitudine il trionfo a cui tendono i voti del popolo di Novate”. Nel titolo del fascicolo compare anche l’Adda, volendo l’autore abbracciare il Pian di Spagna, la vasta area a nord del lago di Como che dà accesso a Valtellina e Valchiavenna e che così si prese a chiamare nel ’700, dopo che, nel secolo precedente, era stata occupata dagli Spagnoli, che vi avevano eretto il Forte di Fuentes. Dal 1983 è Riserva di interesse europeo, la più grande della Lombardia con i suoi 1583 ettari, in ottemperanza della convenzione di Ramsar in Iran. Del resto anticamente l’Adda, oltre Dubino si dirigeva verso la Valchiavenna fino all’imbocco sud dell’attuale galleria di Verceia, località che era detta per questo Bocca d’Adda. Nel 1520 durante un’alluvione il fiume della Valtellina si scavò un itinerario più breve verso il lago di Como, piegando verso il lago all’altezza dell’attuale Casa di riposo “Madonna del lavoro” e puntando al cosiddetto ponte del Passo, dopo avere originato nel piano, con la Mera, tante paludi e provocato tante febbrimalariche.
Le numerose paludi con i loro mefitici influssi causavano frequenti lutti, tanto che al forte di Fuentes moriva un centinaio di soldati all’anno, e si dava la colpa alle correnti d’aria, non essendo ancora noto il vettore di tale malattia. Per scoprire che erano le zanzare a trasmettere all’uomo la malaria, cioè cattiva aria com’era stata chiamata, si dovrà aspettare la fine di quel secolo, quando nel 1894 si avanzò la prima ipotesi, confermata da dimostrazioni tre anni dopo. In Italia la malaria fu debellata solo intorno alla metà del ’900.
Tra le cause del ristagno dell’Adda il nostra Della Porta ricorda “l’universale struggimento de’ ridondanti edifizj pescarecci dal turpe interesse sostenuti e difesi, ed i quali sì validamente si oppongono al libero sfogo del comune emissario”. E viene suggerita come rimedio “la rettificazione saggiamente e ben ordinata del corso dell’Adda con solidi munimenti rattenuta e diretta”, che potrebbe rendere “fruttifere dodici e più mille pertiche nelle pianure giacenti presso Colico, che sono al presente aborrito ricetto d’immobil acque e di venefici”. È proprio quello che sarà realizzato 160 anni fa, nel 1858, dal governo lombardo-veneto sotto l’Austria, dando all’Adda un corso rettilineo e arginato che lambisce a nord il colle del Forte di Fuentes e che si getta autonomamente nel Lario. Grazie a questa rettifica e con l’eliminazione delle paludi sarà sconfitta la malaria e il Pian di Spagna, bonificato per iniziativa di san Luigi Guanella nell’anno 1900, vedrà sorgere il borgo di Nuova Olonio.
Una storia complicata, per la quale si rimanda il lettore interessato agli studi di Carlo Errera del 1905 e di Davide Bertoglio del 1935, opportunamente ristampato dal Lions club Riviera del lago nel 1969 e dalla Società storica valtellinese nel 2001 come allegato alla Bibliografia della provincia in quell’anno.
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