Cultura e Spettacoli / Morbegno e bassa valle
Venerdì 22 Novembre 2024
Nascosto per 280 milioni di anni:
ecco il tesoro della Val d’Ambria
Interesse alle stelle per l’ecosistema di fossili su lastre di arenaria a grana finissima, che hanno conservato dettagli inimmaginabili: orme di anfibi e rettili, ma anche piante, semi, impronte di pelle e persino gocce di pioggia fossilizzate. Un tesoro rimasto nascosto fra le vette alpine per 280 milioni di anni, in Val d’Ambria, sul territorio comunale di Piateda, che ora è diventato patrimonio di tutti. Affollatissima mercoledì la sala riunioni del Parco delle Orobie ad Albosaggia - in contemporanea oltre 100 gli spettatori che hanno seguito la diretta live sul canale YouTube dell’ente - , dove sono stati esposti alcuni reperti, nel primo dei quali si è imbattuta, per puro caso, Claudia Steffensen, escursionista di Lovero, agronoma dall’occhio esperto, premiata dal presidente del Parco, Doriano Codega. «Una “biblioteca a cielo aperto”», l’ha definita Codega, «che racconta la storia della nostra terra» e sulla quale sono puntati gli occhi del mondo. «Una scoperta locale, diventata globale», ha posto l’accento. Tant’è: sono oltre 90 le testate giornalistiche nazionali e non, che hanno dato eco all’eccezionale scoperta, tra queste anche il Washington Post, che ha contattato i vertici del Parco a testimonianza della portata scientifica del rinvenimento, raccontato nel corso della serata dagli attori protagonisti. Oltre a Steffensen, seduta tra il pubblico, al tavolo dei relatori il direttore del Parco, Massimo Merati, che ha moderato gli interventi di Cristiano Del Sasso, Ausonio Ronchi e Lorenzo Marchetti, rispettivamente paleontologo del museo di Storia naturale di Milano, docenti del dipartimento di Scienze della terra e dell’ambiente dell’università di Pavia e del Museum für naturkunde - Leibniz Institute for research on evolution and biodiversity di Berlino (quest’ultimi due collegati in videoconferenza). Al loro fianco Elio Della Ferrera, fotografo naturalista freelance di Chiuro, figura chiave in questa storia “vecchia” milioni di anni. Proprio a lui, per primo, l’amica Steffensen ha mostrato alcuni scatti di quanto notato durante l’escursione. E sempre lui li ha a sua volta mostrati a Del Sasso, incontrato per caso in una passeggiata in montagna.«Questa scoperta va ad arricchire il patrimonio scientifico e naturale del Parco - ha aggiunto Codega, assicurando che la maggior parte dei reperti resterà in quota, in Val d’Ambria - . Stiamo dialogando con i vari partner istituzionali, che hanno collaborato con noi affinché alcuni di questi reperti vadano al museo di Storia naturale di Milano che è di portata interna zionale». Una vetrina importante, che valorizzerà e promuoverà «reperti su cui ci sarà scritto Val d’Ambria, Parco delle Orobie e Valtelllina». Un altro partner «è il museo di Storia naturale di Morbegno, deputato ad accogliere parti di questi reperti e naturalmente verrà premiata la comunità locale della Val d’Ambria e il Comune di Piateda», rappresentato dal sindaco presente in sala Simone Marchesini, seduto al fianco del presidente della Comunità montana di Sondrio Tiziano Maffezzini. Ma la ricerca è solo all’inizio: «I fossili sono centinaia, forse anche qualche migliaio» ha garantito Del Sasso. «Un sito ricchissimo - gli ha fatto eco Marchetti -. Ci aspettiamo di trovare molto altro». Da reperire, però, come non ha mancato di ricordare Merati, ci sono le risorse per valorizzare questo “tesoro” preistorico: «Stiamo già lavorando in questa direzione. Per raccogliere fondi, indispensabili per portare avanti la ricerca e valorizzarla, attraverso sponsor e società, oltre che partecipando a bandi».
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