“Le fleurs du mal”, le donne al centro

Inaugurazione Le opere di Andrea Gobbetti,esposte a Palazzo Pretorio celebrano le forza della femminilità

Pieno successo per la suggestiva mostra “Le fleurs du mal” di Andrea Gobbetti, eclettico artista che esplora l’universo femminile, con le sue mille storie celate dietro lo sguardo magnetico delle “sue” donne sensuose della porta accanto che si fanno dee di un Olimpo etereo fluttuante tra peonie e mimose, tra rose purpuree e screziate amaryllis.

Tanti al vernissage

Un percorso voluttuosamente poetico si snoda tra le sale espositive di Palazzo Pretorio che irretisce gli astanti, rinserrati quasi in un’antica dolce prigione, circondati dal fascino della grazia muliebre che catalizza il loro sguardo. La trasfigurazione della Bellezza in proscenio in una ricerca stilistica che mai s’acquieta.

All’inaugurazione erano in tanti a rendere omaggio al talento di un pittore che fotografa l’anima delle sue modelle senza veli né orpelli, con l’unico vezzo di un’eterna primavera in fiore, avvolto dal calore degli amici, dei rappresentanti dell’Amministrazione comunale e dei compagni quotidiani di lavoro della Polizia Locale di cui parte, raccogliendo il pieno plauso del suo Comandante Mauro Bradanini.

E’ lo stesso Gobbetti a entrare nella genesi di un vernissage dalla veste elegiaca che affonda le sue metamorfosi piumate tra le cupe pieghe del poeta maledetto de “Le fleurs du mal”, nobilitando schiere di ninfe e odalische deificate che s’innalzano al cielo come un albatro baudelairiano che libra le sue possenti ali verso l’infinito.

«La donna, al centro di tutto, nella eterna idea aulica e contemporaneamente umana che ricopre, svestita di ogni indumento per valorizzare la forma e l’espressività del corpo senza poterla definire in un contesto sociale o morale. I fiori, compatibili nella simbologia del colore e della specie, associabile a più interpretazioni catalogabili solo nel proprio punto di vista soggettivo. La contraddizione che intende essere un sinonimo di equilibrio tra parti differenti», spiega l’artista che s’addentra poi nell’inesplorato viaggio narrativo di ogni singolo quadro. Per ognuno, una storia. E dietro ogni storia, un nome.

Il messaggio

Forse un amore, forse solo un miraggio lontano che balena improvviso perdendosi nella notte. E’ così che nascono capolavori dall’enigmatico sguardo verdemare che trapassa il cuore ammiccando dolcemente in una messa a fuoco perfetta tra l’opacità nebulosa di spini e di ciliegi in fiore: una tenera compagna di classe sparita col tempo negli strani percorsi della vita, e ritrovata “per caso” in uno scompartimento ferroviario.

Un incendio che divampa, che pare inestinguibile, che si nutre di fuoco e passione e finisce nello scintillio pirotecnico che illumina per un attimo la notte. Oppure la sua dama “crocifissa” nata dall’invito vaticano a comporre un’aurea produzione per le sacre stanze romane, cinta da simboliche spine nelle venature di un’edera capovolta.

E poi ci sono le graziose geishe del Paese del Sol levante tra candidi fior di loto e crisantemi. Le schiene arcuate e i seni acerbi, il magnetismo degli occhi e i volti delle mille essenze femminili, sono il profumo estetizzante di una continua ricerca petrarchesca che fonde idealmente sacro e profano.

Dalla Tanzania all’Australia, dal Giappone all’Inghilterra, dalla Biennale di Milano agli Stati Uniti, ovunque Gobbetti ha lasciato tracce del suo inconfondibile stile che va ben oltre la sua straordinaria tecnica pittorica cercando invano, inquietamente, l’essenza intima – mistero ineffabile e inaccessibile - della donna.

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