Cultura e Spettacoli
Martedì 26 Giugno 2012
«Tra Manhattan e il Lario»
Parla l'architetto Libeskind
È l'uomo che sta costruendo la Freedom Tower nel cuore di Manhattan dove sorgevano le Twin Towers: domenica sera era sul lago di Como. Durante Inghilterra-Italia degli Europei, uno dei progettisti più famosi del globo al Casta Diva di Blevio discute liberamente su temi eterogenei: dalla crisi globale alla ricostruzione dopo i terremoti che hanno scosso il nostro Paese
Lo sguardo, dietro agli occhiali dalla montatura modaiola, è simpatico, curioso e rilassato. Sarà per la serata gradevole, trascorsa con gli amici ad una bella tavola conviviale (a cui è seduto anche il ministro degli esteri del Bahrain). Sarà per il paesaggio incantevole che si scorge dalle finestre, con il lago iridescente nella luce della sera estiva, la villa trasformata in resort e i prati all'inglese.
Daniel Libeskind si gode un momento di vacanza in famiglia, per un breve soggiorno italiano, come ospite dell'imprenditore e partner d'affari Silvio Santambrogio. Incontriamo uno dei progettisti più famosi del globo al Casta Diva di Blevio, per un'intervista esclusiva a La Provincia, su temi eterogenei: dalla crisi globale alla ricostruzione dopo i terremoti che hanno scosso il nostro Paese. Dall'amore sconfinato per la musica, che da sempre accompagna questo figlio della Polonia post bellica, trapiantato in America, fino alla accanita passione per il calcio che, in serata di Europei, con Italia - Inghilterra sugli schermi, mostra un Libeskind per nulla "divo" e a sorpresa, umanissimo tifoso della Nazionale azzurra. Per onore di cronaca, va detto che il suo cuore è nerazzurro, per una passione che unisce tutta la sua famiglia (la moglie, ad esempio, è presidente dell'Inter Club New York). L'intervista avviene tra il primo e il secondo tempo del match, con un occhio allo schermo, per non perdere neppure un momento della prova di Balotelli, Cassano & Co. "Soccer" a parte, ecco la chiacchierata scaturita dall'incontro, vistalago.
Maestro Libeskind, eccola in uno dei luoghi più belli d'Italia. Che rapporto ha con il nostro Paese?
Amo moltissimo l'Italia e gli Italiani. Conosco bene anche il vostro territorio. Il mio soggiorno più lungo qui risale agli anni Ottanta (dal 1985 al 1989 fondò e diresse a Milano, un laboratorio didattico sperimentale no profit, la Architecture Intermundium. Libeskind ndr), e mi fa sempre piacere tornare a farvi visita. Non c'è luogo più adatto dove stare, ora.
Eppure, gli Italiani non vivono un momento piacevole, tra la crisi e le difficoltà globali che ci vedono impegnati in prima linea. Dal suo punto di vista, del tutto particolare, qual è la sensazione dominante?
Io credo fermamente che il momento difficile sia solo una fase e non una condizione permanente. Devo dire che, negli anni, ho sempre avuto la sensazione che l'Italia sia immune da qualunque crisi. Avete sempre una spinta in più, che vi viene dalla forza eterna della vostra storia e dalla capacità di reinventarvi.
Un grande onore certo ma la storia è anche una responsabilità, soprattutto quando interessa il paesaggio e le tracce lasciate dall'uomo, nel bene e nel male. Quale l'atteggiamento corretto dell'architetto chiamato ad intervenire nel delicato ambiente italiano?
Guardiamoci intorno e pensiamo, per esempio, al Razionalismo di Terragni. È la dimostrazione più significativa di come si possa innovare, senza voltare le spalle alla storia. Già a partire dagli anni Venti, questo genio dell'architettura seppe imprimere un segno che è entrato a pieno titolo nell'arte e nel paesaggio. L'atteggiamento giusto è restare connessi alla tradizione ma pensando al futuro. Senza questo legame, non c'è nulla da cui partire. Ogni ragionamento deve cominciare da qui.
Pensiamo anche all'Emilia o a L'Aquila, colpite da terremoti e interessate da difficili ricostruzioni. Come agire per ridare vita a centri storici compromessi senza snaturarli?
La questione è interessante e io penso che si debba mantenere un atteggiamento rispettoso ma senza nostalgia. È necessaria una prassi operativa che metta in campo i materiali migliori, sia per le problematiche sismiche sia per l'ecosostenibilità, che è un tema oggi imprescindibile. In questo non c'è contraddizione e sbaglia chi pensa solo a ricostruire in modo filologico ciò che è stato distrutto.
Parliamo invece di Milano, città che si appresta ad ospitare l'evento di Expo 2015. Cosa pensa del capoluogo lombardo?
È una metropoli energetica e lanciata in corsa verso il futuro. Partecipa, a pieno titolo, alla competizione mondiale tra le città che segneranno il domani. Non è possibile fermarsi ora.
È d'obbligo parlare un po' della sua passione per la musica e per l'arte. Soprattutto mentre è qui in Italia…
Amo la musica fin da bambino e vi ho sempre individuato un legame con l'architettura. La musica è anima del mondo e il disegno è il segno della mano che esprime l'anima.
Lei è famoso per i padiglioni museali che ha realizzato ovunque, in Europa e in altri continenti. In ogni opera ha voluto lasciare prova di emozione unita a fruibilità. Cosa consiglierebbe ad un architetto che venisse chiamato a questa impresa nel nostro territorio?
Che conosca la musica e ami il disegno. Solo così metterà anima nel suo importante lavoro.
Sara Cerrato
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