L’anima e il corpo, tutti stregati
da Montefoschi

In biblioteca L’autore ha raccontato il suo ultimo libro Storia di una coppia con la moglie più giovane di 20 anni

Sembrava di essere come nel salotto di casa, venerdì, alla biblioteca Rajna di Sondrio con Giorgio Montefoschi, vincitore dei più prestigiosi premi letterari italiani, molto apprezzato dal pubblico, che ha presentato il suo ultimo romanzo, “Dell’anima non mi importa”.

Atmosfera

Un libro “realistico”, nel senso che accompagna il lettore dentro la vita, le gioie e i dubbi di una famiglia come tante che non lascia trapelare all’esterno le difficoltà nei rapporti. Montefoschi ne ha parlato con spontaneità, stimolando la curiosità del pubblico a immergersi nelle pagine. «Il libro comincia il giorno della domenica delle Palme in un villino del quartiere dei Parioli a Roma – ha raccontato -. Marito e moglie hanno discusso del pranzo della domenica. Lui sui sessant’anni; lei, venti anni in meno e orfana di padre, ha sposato un uomo più grande perché vi ha visto la figura paterna che le è mancata. Si ritrovano a parlare dell’anima, del perché Dio ci abbia messo sulla terra per poi negarci, con la morte, il corpo. Ed è in quel momento che lei dice “dell’anima non mi importa” perché vuole rivedere il padre». Il romanzo è, infatti, sul corpo, sulla storia matrimoniale fra lei e lui.

Un altro passaggio importante citato dall’autore sta nell’incipit e nella chiusa: «Nel giardino ci sono le erbacce e lei chiede a lui di aiutarla a toglierle, ma il marito non ne ha voglia – ha aggiunto Montefoschi -. Il libro finisce con lui che, da solo, toglie le erbacce, dopo che la loro vita ha avuto una serie di avvenimenti. Questo togliere le erbe cattive, alla fine, significa che è stata fatta chiarezza nel loro rapporto nonostante tradimenti, fughe, incomprensioni. Nel libro tutto quello che accade, anche da un punto di vista fisico e materiale, è sempre un segnale che vuol dire qualcosa». Le vicende – tranne una parte a Dobbiaco sulle Dolomiti – sono ambientate a Roma, città dove lo scrittore è nato, perché «ogni città ha una sua anima e lo scrittore deve cogliere quella, far parlare la sua piazza e le sue strade».

Rimandi al cinema

Fra le pagine ci sono rimandi alla letteratura e al cinema (all’amato regista Federico Fellini per esempio) intesi come «segnali stradali per dire che il libro sta andando da una certa parte, toccando un certo tema – ha aggiunto -. I romanzi sono pieni di corrispondenze che vengono infilate nella trama, magari scompaiono ad un certo punto e ricompaiono alla fine. Quanto al cinema, premetto che non amo le serie tv. Credo alla compattezza di un film che non sbrodola. I dialoghi, nel mio romanzo, si leggono con molta facilità, perché sono brevi come al cinema».

Stimolato dalle domande dell’assessore alla Cultura, Marcella Fratta, l’autore ha parlato anche della visione della famiglia nel romanzo: «È una come tante altre – ha precisato -. Vengo da una famiglia borghese normale ed ho una visione tradizionale della famiglia che, però, pare superata. Oggi è una norma separarsi, ma spero che questo finisca e si riscopra l’amore che dura tutta la vita. L’adulterio è una adulterazione dell’amore».

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