Cultura e Spettacoli / Circondario
Giovedì 17 Settembre 2015
Il musicista griot con due patrie
Lecco e il Senegal
Mist Alassane, percussionista di origini senegalesi che vive a Malgrate
Un nome blasonato, è infatti nipote del famoso Doudou N’Diaye Rose
È erede di una famiglia di musicisti che rappresenta l’aristocrazia dei “griot” senegalesi, N’Diaye Rose, in arte Mist Alassane, è un ragazzo nato nel 1995 a Lecco con un nonno speciale. Quel Doudou N’Diaye Rose, all’anagrafe Mamadou N’Diaye, che ha rivoluzionato la storia delle percussioni africane, esportando in tutto il mondo il suono (e l’arte) dello strumento chiamato sabar.
«Sono nato con la musica, mia mamma e mio papà suonavano sempre e vennero in tournée in Italia: sono nato a Lecco, ho abitato tanti anni a Garbagnate Monastero, e ora abito a Malgrate, proprio a metà strada tra i due ponti – sorride Mist -. Asilo ed elementari a Garbagnate, medie a Molteno, quattro anni di Elettronica all’istituto superiore Enaip di Lecco, e l’ultimo a Monza. Ho lavorato qualche tempo in negozi di Padova e Vicenza, poi a Torino e Milano. E ora sono tornato a Malgrate, ho un progetto da lanciare a Lecco».
N’Daye, che tipo di progetto?
Organizzare dei corsi di sabar in città, ci penso da due anni con mio cugino e ora vogliamo prendere l’iniziativa. Vorremmo trovare un circolo dove trasmettere la nostra arte, far capire cosa suonano i griot, per poi suonare insieme.
Quando ha iniziato a suonare?
Non saprei dirlo, sicuramente da piccolissimo, prima di iniziare le scuole. Oggi suono sia il sabar sia lo djembe (altro tamburo di origini centrafricane, nda).
Si è esibito anche con suo nonno?
Sì, in diverse occasioni. Nel novembre 2014 al Conservatorio di Milano e a Torino. Concerti organizzati da mio nonno con tutti i figli e i nipoti che abitano in Italia, eravamo almeno in 20. In quella occasione lo vidi per l’ultima volta. Invece nel 2004, ero solo un bambino, suonammo in Senegal con tutti i nipoti compresi tra i cinque e i 10 anni: ci voleva istruire.
Quanto suo nonno ha influenzato l’evoluzione delle percussioni africane?
Tanto, ha creato un alfabeto per i percussionisti. Mi diceva sempre: “Non s’improvvisa”..
Cosa significa essere un griot?
Il termine ha il significato di messaggero, ambasciatore: ai tempi dei nostri nonni i griot, insieme al loro strumento, portavano i messaggi. Certi suoni significavano “Il re del villaggio vi vuole”, altri “Oggi c’è un matrimonio” o “Oggi un funerale”. Il griot accoglie chi arriva . Oggi è ancora così, la nostra cultura è molto forte.
Su Facebook, di recente, si è confrontato con alcune persone sul tema dei migranti e dell’accoglienza nel Lecchese…
Ho letto dei commenti non appropriati, un po’ razzisti, ma sono voci fuori dal coro di persone che non hanno un passato e non vogliono un futuro. Solo viaggiando si può aprire la mente. L’Italia per me è un Paese accogliente, ovvio che ci sia sempre qualcuno nel mondo contrario a qualcosa. Penso che l’umanità sia un valore, che la razza sia unica. Quando vado in Francia a suonare vedo, per esempio, poliziotti bianchi, neri o di origini marocchine: è normale. Da noi la ex ministra Kyenge non è mai stata davvero accettata. Forse siamo un passo indietro. L’Italia dovrebbe essere più furba, impiegando gli immigrati per recuperare quanto perso con la crisi.
La musica può agevolare la coesione sociale?
Senza dubbio, mio nonno era musulmano, ma suonava nelle chiese cristiane. Io stesso ho suonato con lui per accompagnare i cori in chiesa, per esempio a Brescia quattro anni fa. Uno dei tanti insegnamenti per i quali vorrei che mio nonno fosse ricordato per sempre.
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