Cultura e Spettacoli
Mercoledì 23 Dicembre 2015
“Il mondo nuovo”
di Huxley?
Come ci assomiglia
Nella lettura siamo vittime del mercato e delle novità, come predetto dal romanzo dello scrittore inglese per il quale la vita culturale è un circo di divertimenti e un intero popolo è ridotto a spettatore. Il critico Gian Paolo Serino invita a al piacere della riscoperta letteraria
Le classifiche dei “libri più belli”, “più venduti”, “più letti” dell’anno sono un pochino come i concorsi: più che ai libri dovrebbero essere dedicati ai cavalli. Scorrendo i risultati dei vari giornali -quotidiani, settimanali, siti internet, supplementi culturali- possiamo comprendere come anche la cultura in Italia non sia più nemmeno omologata, ma omogeneizzata.
Anche nella lettura siamo vittime del mercato, della dittatura delle novità. Perché un libro deve essere per forza nuovo?
A parte il consiglio di stare lontano da qualsiasi classifica o concorso, anche quelli dei cavalli, attraverso questo specchio di attualità letteraria viene alla mente il romanzo scritto da Aldous Huxley nel 1932: “Il Mondo Nuovo”, pubblicato da Mondadori ma da tempo non più disponibile (basti cercare su qualsiasi libreria su Internet).
Da un lato è un dispiacere, dall’altro permette di dare risalto anche a quel mondo sommerso, tutt’altro che nuovo, che sono le biblioteche. Ecco “Il Mondo Nuovo” di Aldous Huxley credo lo troverete in qualsiasi biblioteca pubblica. Perché nessuno - che so il ministro della Cultura Franceschini su tutti - non si preoccupa di far stilare ogni anno la lista dei libri più letti in biblioteca? Sarebbe una rivoluzione. Eppure, anche questo, è stato predetto da Huxley ne “Il Mondo Nuovo” ben più inquietante e profetico del celeberrimo “1984” di Gorge Orwell, letto addirittura nelle scuole.
Ad accomunare i due testi lo stesso intento distopico: immaginare e descrivere un mondo futuro dominato da un regime totalitario. Le differenze tra i due romanzi, però, sono enormi, addirittura antitetiche. Per Huxley, infatti, ci sono due modi per spegnere lo spirito di una civiltà: nel primo - quello orwelliano - la cultura diventa una prigione; nel secondo - quello de “Il mondo nuovo”- diventa una farsa. Ancora oggi a preoccupare maggiormente, purtroppo, è la visione di Orwell: non ci sono quasi più regimi, eppure il Grande Fratello è sempre il pericolo da combattere, mentre il nostro Occidente, ignaro, continua a sprofondare in un mondo molto vicino al nuovo.
Nella nostra società non c’è nessun carceriere che ci sorveglia, ma le prigioni sono dentro le nostre teste. «Controllare la gente non con le punizioni, ma con i piaceri»: è questa la geniale intuizione di Huxley nel descrivere il nuovo assetto dei sistemi totalitari. Nella “democrazia” immaginata da Huxley il popolo non è imprigionato, ma distratto continuamente da cose superficiali.
Per Huxley, infatti, non c’è bisogno di un Grande Fratello quando la vita culturale viene trasformata in un eterno circo di divertimenti e un intero popolo è ridotto a spettatore. Nel “mondo nuovo” non esistono censure, ma la gente è talmente subissata dalle informazioni che, incapace di rielaborare una simile mole di notizie, finisce col diventare passiva, con il disinteressarsi a tutto e a non ribellarsi più a niente. Nel “mondo nuovo”, per fare un esempio a noi vicino, nessuno brucia i libri perché non c’è più nessuno desideroso di leggerli.
Per Huxley è questa la vera dittatura: una dittatura atroce perché invisibile, intelligente perché alle catene preferisce il silenzio delle museruole mentali. E’ la dittatura della democrazia, del nemico col sorriso sulle labbra: è la dittatura che ha trasformato i cittadini in giocatori che non hanno la minima intenzione (e chi lo farebbe?) di prendere le armi contro un mare di divertimenti.
Anche nel loro piccolo le classifiche dei libri più belli e venduti dell’anno sono correi di un’omologazione culturale che tende ad abbassarci all’ultimo scaffale. Le cifre sulla lettura in Italia sono scoraggianti, quasi il 56% degli italiani non legge neanche un libro all’anno. Si possono cercare molti colpevoli, ma la colpa è di tutti noi. Riappropriamoci delle biblioteche, delle nostre librerie di casa, impariamo ad acquistare libri consapevolmente (che non siano per forza “novità” all’ultimo grido), facciamo sentire la nostra voce. Anche chi lavora nelle biblioteche.
Non lamentiamoci soltanto per la mancanza di fondi, ma anche per la mancanza di visibilità. Solo così potremo arginare il pericolo di un “mondo nuovo” sempre più simile al nostro: un mondo non di schiavi terrorizzati dalle punizioni di un regime totalitario, ma una società di ebeti rimbambiti da piaceri cafoneschi. Con buona pace del ministro Franceschini.
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