Cultura e Spettacoli
Domenica 25 Gennaio 2015
Il genio di Bianciardi
torna dall’oblio
Nel libro “Il precario esistenziale” il critico Gian Paolo Serino riscopre un autore scomodo e profetico. Prima di Eco lo scrittore della “Vita agra” svelò la mediocrità tv e prima di Pasolini fu notista “corsaro”
«L’altro giovedì, annunciando la fine della sua trasmissione, Mike Bongiorno aveva gli occhi appesantiti e la voce rotta dalla commozione. A guardarlo cinicamente poteva anche far ridere, con quella faccia più pecorile del solito, ma sarebbe stato ingiusto farsi beffe di un uomo così onestamente mediocre. Bisogna dire che Mike Bongiorno meritava il successo che ha avuto proprio in virtù del suo schietto, lampante grigiore... I nostri presentatori della televisione avevano successo e lo hanno, in quanto riassumono ed esprimono certi difetti, certe tare nazionali. Mike Bongiorno li riassume più di tutti, ed ecco perché lo possiamo stimare il più mediocre, quindi il più bravo».
Che differenza c’è tra questa analisi, pubblicata ne “L’Avanti” del 28 luglio 1959 e la celeberrima “Fenomenologia di Mike Bongiorno”, uscita nel gennaio 1961, che per molti versi è il testo che ha imposto Umberto Eco all’attenzione intellettuale del Paese, e ne ha garantito le fortune per gli anni a venire? Nessuna, se non che quella citata in apertura è precedente e dunque meriterebbe le venisse riconosciuto il non piccolo merito dell’originalità.
La differenza
La differenza, in realtà, c’è ed è importante: dell’intuizione di Umberto Eco tutti si ricordano e viene studiata pure nelle Università, mentre della prima, firmata da Luciano Bianciardi, non si ricorda nessuno. Questo sia detto non a discredito di Umberto Eco, il cui valore non è proprio il caso di discutere, quanto a merito di Bianciardi, e di chi lo ha voluto riscoprire. Segnatamente, il critico letterario Gian Paolo Serino (sua l’idea di Satisfiction.me, il portale letterario più seguito in Italia) che, dal prossimo 29 gennaio, porta in libreria “Luciano Bianciardi - Il precario esistenziale” (Edizioni Clichy, 160 pagine, 7,90 euro). Sfogliando il libro, costruito attorno a una biografia di Bianciardi, una nota critica dello stesso Serino, e una serie di citazioni, ritagli, riscoperte e testi in altro modo recuperati, ci si rende conto di quanto l’operazione fosse necessaria. Soprattutto, stupisce (e inquieta) realizzare come sia stato facile e sconsiderato dimenticare un autore di questa portata, al quale il successo de “La vita agra”, il suo romanzo più famoso, diventato anche un film, fece più male che bene.
Il Bianciardi riscoperto da Serino è oggi, a questa lettura, un anticipatore straordinario. Nella considerazione su Mike Bongiorno anticipò Eco, come abbiamo visto, ma non solo: nelle sue parole si legge una profezia seminale, quella legata alle conseguenze della “grande mediocrità televisiva” pronta a invadere, negli anni a venire, le case e le menti degli italiani.
Jannacci e Celentano
In questo e in altri scritti, Bianciardi arriva prima anche di Pasolini e dei suoi “Scritti corsari” e legge potenzialità diverse nei personaggi che si affacciano, tra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio dei Sessanta, alla scena pop-culturale. Chi, se non lui, scopre la vena stralunata e poetica di Enzo Jannacci e chi, addirittura, arriva a prevedere il talento di manipolatore mediatico, di “profeta popolare” manifestato più tardi da Adriano Celentano? Bastano queste intuizioni per comprendere la portata del personaggio e rendere ancora più drammatica, e colpevole, l’amnesia collettiva nella quale il suo nome è precipitato.
C’è poi una frase, - Serino nel libro giustamente la sottolinea - che suona ancor più profetica: «Se vogliamo che le cose cambino, inutile occupare le Università, occorre occupare le banche e far saltare le televisioni». Uscita su un veicolo mediatico improbabile, per questo genere di argomenti, come il “Guerin sportivo” nel dicembre 1968, questa analisi caratterizza Bianciardi come qualcosa in più di un anticipatore. Essa infatti ne delinea la potenza della visione, ma anche il carattere di “outsider”, di non-allineato, di pensatore pirata. Sarà forse per questa ragione che, alla fine, alla morte prematura nel 1971 a soli 49 anni, la sua scomoda silhouette, non potendo essere digerita nel gran calderone delle idee che da scomode diventano comodissime e anzi standard, viene sottoposta al trattamento dell’oblio. Non sapendo come parlarne, non se ne parla; non volendo venire faccia a faccia con le sue idee, le si dimentica.
«Toccherò tutta la tastiera»
In tempi in cui il pensiero è diventato materia essenziale, ecco il contributo del libro curato da Serino: offrirci l’occasione, davvero insperata, di leggere, con stupore, frasi così congegnate:
«Datemi il tempo, datemi i mezzi, e io toccherò tutta la tastiera - bianchi e neri - della sensibilità contemporanea. Vi canterò l’indifferenza, la disubbidienza, l’amor coniugale, il conformismo, la sonnolenza, lo spleen, la noia e il rompimento di palle».
Forse non è troppo tardi per ascoltarlo.
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