Cultura e Spettacoli
Martedì 27 Marzo 2012
I fiori di Brueghel
Monito contro la vanita'
Nella pittura floreale fiamminga, in mostra a Villa Olmo, un chiaro messaggio morale
Nei Paesi Bassi del XVII secolo, il genere floreale in pittura racchiudeva l'implicito messaggio morale della Vanitas (con riferimento al brano di apertura del libro dell'Ecclesiaste: «Vanità delle vanità, tutto è vanità»). Essa, d'altronde, ben incarnava il concetto di transitorietà insito nella bellezza dei fiori – «ogni cosa bella passa» – e la prova di tale valenza simbolica si evince dal fatto che spesso venivano raffigurati fianco a fianco esemplari di stagioni diverse, a dimostrazione che questi dipinti non fossero mere raffigurazioni oggettive, ma racchiudevano al loro interno un messaggio morale preciso e definito.
La pittura a soggetto floreale ebbe inizio nei Paesi Bassi nel tardo XVI secolo, a opera di un gruppo di pittori d'avanguardia tra i quali il più rilevante fu senza dubbio Jan Brueghel il Vecchio, soprannominato “dei Velluti”, seguito da suo figlio Jan il Giovane, che come il padre si distinse particolarmente in questo genere pittorico. La specializzazione in tali soggetti dette il via a una sorta di tacita competizione tra gli artisti, sia dal punto di vista compositivo sia della tecnica e della conoscenza botanica, tutti elementi distintivi di queste creazioni: Jan Brueghel il Vecchio raffigurò ben cinquantotto specie diverse di fiori in un unico dipinto.
Il genere fu illustrato in formule composite: fiori e frutta contenuti in un cesto di vimini, fiori in un vaso di vetro, composizioni floreali mescolate a gioielli sparsi sopra un tavolo o accostate con farfalle, lumache, formiche, lucertole: raffigurazioni sempre cariche di una forte simbologia morale (la farfalla, ad esempio, richiamava l'ascesa al cielo dell'anima; la lumaca la lentezza e l'inesorabile avanzare del tempo; l'industriosa formica la saggezza nel preparare il futuro). Furono rappresentate anche composizioni di fiori freschi insieme ad altri quasi appassiti, adagiati su un tavolo e, in gran voga, imponenti ghirlande entro cui venivano incorniciate raffigurazioni religiose (generalmente la Madonna col Bambino), spesso il risultato della collaborazione tra due pittori, uno specializzato nel ritratto di figure, l'altro nel soggetto floreale. Due esempi su tutti: la Madonna col Bambino in una ghirlanda di fiori (circa 1616-1618), realizzata da Pieter Paul Rubens e Jan Brueghel il Vecchio, e la Sacra Famiglia in una ghirlanda di fiori (circa 1620-1625) di Jan Brueghel il Giovane e Bartolomeo Cavarozzi, entrambe presentate in questa sede. Un elemento comune a molti di questi lavori è inoltre la raffigurazione di un vaso decorato a rilievi in stile classico contenente un ricco mazzo di fiori, mentre altri sono sparsi sul tavolo come se fossero caduti: la tecnica pittorica rivela in questo caso la raffinatezza della materia e un intenso contrasto di luci e ombre. La valenza simbolica dei fiori, come si è detto, è forte, e assume di volta in volta un valore metaforico: la primavera, la giovinezza, la grazia dello sbocciare, il richiamo ai profumi (vari quadri rappresentano l'allegoria dei cinque sensi); e ancora troviamo omaggi a Flora, dea della natura, e Aurora, dea dell'alba. I fiori esprimono altresì valori cristiani: il giglio l'amore, la rosa bianca la purezza, la viola del pensiero la divinità, il giglio selvatico la grazia, il garofano la divina incarnazione di Cristo.
Nella letteratura greca e romana, predominanza assoluta aveva la rosa, incarnazione artistica della dea dell'amore Afrodite-Venere: un parallelo che aveva radici antiche, poiché secondo la tradizione la prima sbocciò quando nacqueVenere. Orazio la interpretò come una bellezza transitoria, avendo vita breve; Cesare Ripa la descrisse come l'ultimo tra tutti i fiori a sbocciare e il primo ad appassire, come disse Anataeus. Per Virgilio, invece, la si può paragonare alla nostra stessa vita, bella e piacevole, ma che può svanire in un giorno – come scrive egli stesso in una poesia in cui ne celebra la bellezza e la delicatezza, ma altresì la effimera esistenza.
Boccaccio, infine, nel descriverla ricorse a un'analogia di significato: la rosa racchiude in sé l'ambiguità, «macchia e punge», e al tempo stesso rappresenta la vera passione: un piacere breve, intenso, che lascia un lungo tormento.
(© Estratto da "La dinastia dei Brueghel", catalogo della mostra, 29 euro, Silvana Editoriale, per gentile concessione. In alto: fiori di Ambrosius Brueghel e di Jan Brueghel il Giovane)
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