Cultura e Spettacoli
Lunedì 15 Luglio 2013
Da Bocephus King a Maddock
“Buscadero Day” da applausi
Tutto sui due giorni del “Buscadero Day 2013” che si sono svolti a Pusiano sabato e domenica
Per raccontare i due giorni del “Buscadero Day 2013” che si sono svolti a Pusiano sabato e domenica ci vorrebbe un bravo regista, armato di chilometri e chilometri di pellicola.
Oppure, bisognerebbe chiedere a chi c’era, e c’erano in tanti, sicuramente un paio di migliaia di anime nel corso delle 48 ore, di spedire tutti i microfilmati e le foto da smartphone per andare a comporre il ricco mosaico di musica e divertimento imbastito da Andrea Parodi con la complicità dell’amministrazione del comune, sindaco “rock” Andrea Maspero in testa.
Da dove partire? Forse dalla fine: quando Bocephus King ha guidato i colleghi Garland Jeffreys, Hugo Race e James Maddock e tutto il pubblico per accompagnare con le voci e con le mani il padre di Maddock, un arzillo settantenne che sembra sbucato da un vecchio film di Billy Wilder e che intona suonando il suo piccolo ukulele “Una polpetta senza sugo”.
Parlando degli “headliners”, sabato la minaccia di pioggia non ha permesso a Bocephus King e alla sua straordinaria e affiatatissima band di replicare l’intimo e perfetto show visto a Tremezzo due settimane fa, ma il canadese è sempre così sopra alle righe da cavarsela in qualsiasi occasione da vero fuoriclasse.
Impagabile il suo set mattutino domenicale, tutto dedicato a Dylan e, in particolari modo, ai brani di “Street legal”. Dopo quel set eccolo in battello sul placido laghetto in compagnia del violinista Fulvio A. T. Renzi e dell’inglese Maddock a incantare un pugno di fortunati con un’ora di musica totalmente “unplugged”. James aveva suonato dopo l’asso di Vancouver anche la sera precedente, scongiurato il rischio dell’acquazzone, regalando un set di classe, voce roca indistruttibile, maestria sulla chitarra e belle canzoni. Per chi non lo conosceva l’arzillo settantenne Jeffreys, che non rinuncia alla civetteria di spalmarsi sulla chioma riccia e indomabile almeno mezzo chilo di “grease” prima di andare in scena con la t-shirt bianca più “uncool” di sempre. Ma non serve: basta la sua voce potentissima e il feeling con i musicisti a fare la magia. Una performance in crescendo, un maestro che è a suo agio in ogni situazione e che ha parlato, sorriso e firmato dischi a chiunque glielo domandasse.
Più alieno l’australiano Hugo Race: chi lo conosce se lo ricorda alla corte di Nick Cave ormai quasi trent’anni fa. Ha il viso ancora giovanile, ma ha anche l’espressione di chi la sa lunga e in passato ne ha combinate di cotte e di crude. Imbracciata la chitarra elettrica assieme ai Sacri Cuori, la band che lo accompagna nelle sue incursioni italiane, per tanti è stata una sorpresa: una ventata di rock alternativo in mezzo alle chitarre acustiche. Attorno a questi eventi le innumerevoli mini esibizioni da mezz’ora o un’ora di tutto l’esercito di artisti grandi e piccoli, piccole celebrità e perfetti sconosciuti che hanno tenuto banco a parco Beauharnais per questa indimenticabile festa per le orecchie.
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