Cultura e Spettacoli
Venerdì 12 Luglio 2013
Applausi all’Arena
per i Baustelle
Il gruppo ha presentato i brani dell’album “Fantasma”
Pezzi asciugati e incisivi ma con un sound vintage
Gli applausi non sono mancati. Ma l’ Arena del Teatro Sociale era piena solo a metà giovedì sera per i per i Baustelle, la band toscana di Francesco Bianconi, Rachele Bastreghi e Claudio Brasini.
Il grande pubblico, comunque, è stato “Fantasma” come il nuovo disco del gruppo, un’opera complessa, difficile, ma assolutamente intrigante, con la sua idea di “film per le orecchie” (una definizione inventata da Zappa).
Il film dei tre, che sul palco si moltiplicano grazie a numerosi musicisti di supporto, è un horror che sarebbe piaciuto a Dario Argento e al suo maestro Mario Bava: a tinte forti, ma anche sottilmente decadente come la voce di Bianconi, il timbro di un De André sopravvissuto, ma un po’ annoiato della vita.
Il primo brano, dopo i “Titoli” di “Fantasma” è “Il futuro”. Il concerto comasco, inserito nel tour della band, ma anche nel cartellone del festival “Como città della musica”, si divide nettamente in due parti. La prima è tutta dedicata all’ultimo disco che si avvale di un’orchestra. Questa è, invece, la “versione pop”, con i brani asciugati e incisivi, senza rinunciare al sound vintage che è la cifra del gruppo. Scorrono “Nessuno”, “Radioattività”, “Diorama”, “Cristina”, “Contà l’inverni”, “Monumentale” fino a “La morte (non esiste più)”. Chi si è lamentato nei passati appuntamenti che l’acustica dell’Arena lascia a desiderare, che il suono si disperde e che i rumori esterni la invadono può ricredersi: almeno per il rock il problema non si pone.
Terminata l’esposizione di “Fantasma” (parziale, perché l’album consta di ben 19 brani), i Baustelle si guardano indietro. L’album più saccheggiato è il secondo, “La moda del lento”, da cui provengono il brano eponimo, “La canzone di Alain Delon” e “E.N.”. Dal “Sussidiario” d’esordio “La canzone del parco”, ma in versione 2010. Penalizzati i dischi più recenti, Bianconi lo aveva detto in capo al tour: nuovi brani e retrospettiva, ma con pezzi inattesi.
Da “La malavita”, l’album del “grande salto”, sono estratti il grande capolavoro di “Il corvo Joe” e la trascinante “La guerra è finita”, eseguita nei bis dopo un breve ritorno a “Fantasma” con “L’estinzione della razza umana” e “Le rane”, unica ripresa da “I mistici dell’Occidente” prima di “Andarsene così”, di canzone e di fatto. Niente hit come “Bruci la città” e “Piangi Roma”, niente “Spietati”. Possibile rinunziare anche al pezzo più celebre? No: “Charlie fa surf” nel finale.
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