Anno 2014: la musica
diventa “liquida”

Come gli mp3 avevano soppiantato i cd, ora lo streaming sostituisce i file scaricati sul computer. Crescono Spotify e Rdio, ora arriva la novità Beats - Ma nei negozi, torna una vecchia conoscenza: il vinile

Il vinile torna a fare capolino nelle vetrine mentre terabytes di mp3 riempiono gli hard disk, gli smartphone e i lettori di milioni di persone nel mondo.

In questo scenario è maturata l’ascesa di Spotify, ormai termine comune quanto Facebook e Twitter. Ma la musica è “solida” o “liquida”? È all’insegna di questo curioso dualismo che si apre un 2014 che potrebbe rivelarsi decisivo per un’industria discografica perennemente in crisi. Forse il punto è proprio in quell’aggettivo: “discografica”, quando dovrebbe essere, come sta diventando, semplicemente “musicale”. In crisi è l’oggetto, il disco, che ha un costo per l’acquirente, soprattutto giovane, visto spesso come un vero e proprio sopruso: il denaro viene investito altrove, in vestiti, in accessori hi-tech, invece i brani si scaricano dalla Rete, meglio se gratuitamente. E se i files audio hanno soppiantato i cd originali nell’immaginario degli adolescenti di oggi, ora anche il senso del possesso di quegli mp3 è messo in discussione.

Che senso ha impestare la memoria del computer con centinaia e centinaia di brani, scaricati in rapida successione, alcuni per non essere mai ascoltati? Poi, quando succede qualcosa di irreparabile al disco fisso l’intera “library” è da ricostruire daccapo.

Ecco, quindi, spiegato il dato della ricerca condotta negli Usa da Aytm Market Research e diffuso ieri: sei persone su dieci hanno scaricato app per ascoltare la musica in streaming, anche se i tre-quarti di queste preferiscono servizi gratuiti. Non è un problema per Spotify e il suo diretto concorrente Rdio, che permettono l’ascolto “free” grazie alla presenza di pubblicità: basta pagare ed ecco che anche quegli spot magicamente scompaiono. La realtà non è così semplice: non sono pochi gli artisti che si lamentano degli accordi capestri stipulati a loro insaputa tra le piattaforme e le case discografiche che posseggono i master dei brani da commercializzare, ma questo non interessa al consumatore. Il problema è, semmai, per Trent Reznor, il demiurgo dei Nine Inch Nails, il rapper Dr. Dre e il celebre produttore Jimmy Iovine.

No, non hanno fondato un supergruppo, ma Beats Music, un nuovo servizio di musica in streaming, ma solo a pagamento, che dovrebbe essere lanciato tra poche ore, il 21 gennaio: con dieci dollari al mese è garantito l’accesso a un catalogo di 20 milioni di canzoni e promette di creare playlist in base all’incrocio di quattro parametri forniti dall’utente: genere musicale, persone coinvolte, luogo e attività.

Alessio Brunialti

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