«Affetti instabili», Max Pisu apre la stagione teatrale a Mandello: «Uno spettacolo comico in cui mi limito a osservare la quotidianità»

A Max Pisu, domani sera (venerdì 18) alle 21 al Teatro De Andrè, il compito di aprire la nuova stagione di “Mandello (dal) vivo…. andiamo a teatro!!!!”, 7 spettacoli teatrali più 3 eventi musicali, abbonamento per tutte le date a 150 euro. Gli ingressi singoli per gli eventi teatrali costano 25 euro mentre per quelli musicali il costo è di 10 euro.

Un ritorno quello dell’attore, che a Mandello ha portato “La cena dei cretini” accanto a Lino Formicola, e la passata stagione era in coppia con Gaia De Laurentis in “Come sei bella stasera”. In “Affetti instabili”, monologo scritto con Riccardo Piferi, Pisu affronta il tema dei rapporti affettivi consolidati con le persone che più ti sono vicino. E racconta quanto possano essere fragili gli affetti che consideriamo “stabili” e quanto poco ci voglia perché si rivelino “instabili”.

«Ma in fondo, a ben guardare - si legge nelle note di regia -, gli affetti instabili fanno parte di questi “tempi instabili” dove il mondo è un cantiere a cielo aperto in cui tutto cambia velocemente». «Nessuna pretesa di salire in cattedra, non è nella mia indole. Il mio è uno spettacolo comico nel quale, senza alcuna presunzione, mi limito a osservare la quotidianità in cui sono in essere rapporti fondati fiducia, amicizia, amore».

Che da stabili si fanno instabili, come dal titolo dello spettacolo.

«Già succede. Succede che tutto finisca in qualche modo». Una cosa triste, con conseguenze anche drammatiche. Pensiamo ai rapporti d’amore in frantumi, all’amicizia a pezzi. «Vista così in effetti. Ma lo spettacolo resta comico e come sappiamo il comico, quello dei grandi comici - e non è il mio caso -, ha al suo interno una nota drammatica. Pensiamo a Sordi, a Villaggio, a Robin Williams».

Come è strutturato questo One Man Show?

«Affetti instabili è costruito come una serie di quadri. C’è il rapporto padre figlio, quello tra fidanzato e fidanzata, il rapporto tra due amici, che a un certo punto, per un accidente qualsiasi, possono entrare in crisi, rimettendo tutto in discussione, certezze e visione del mondo».

Essendo da solo in scena come si fa?

«In scena mi rivolgo a persone immaginarie, fantasmi che si rapportano a me. Non mi rivolgo al pubblico, non dialogo con gli spettatori, non faccio cabaret. Nel mio monologo, se tutto funziona al meglio, se lo faccio bene, alla fine il pubblico vede i miei interlocutori, che smettono di essere immaginari».

Viene spesso a Mandello e in altri piccoli teatri del territorio. Com’è lavorare in questi spazi periferici?

«I piccoli teatri hanno spesso una bella utenza. Alla gente piace andare teatro e a me fa piacere tornare perché lo senti che c’è la passione, anche in chi li gestisce. Lavorare in questi teatri è sempre una soddisfazione per noi».

Da dove viene l’idea dello spettacolo?

«Parlando con Riccardo (Piferi) di episodi quotidiani, banali accadimenti a volte».

Esempi?

«Un esempio che non è nello spettacolo, viene dalla mia esperienza di padre. Una volta sono andato a prendere mia figlia a scuola. Parlo con la professoressa poi lei mi chiede la classe di mia figlia. Quarta rispondo. Sezione? Buio completo. Ho dovuto chiamare mia moglie e questo ha creato una situazione poco piacevole. Piccole incrinature sulle quali un comico può lavorare».

Un attore avverte lo stato d’animo del pubblico in sala, sa cogliere le sue reazioni.

«Se la comicità funziona si crea empatia. Il pubblico spesso si riconosce nei personaggi e nelle situazioni propio perché sono del tutto normali. Di tutti».

A teatro è tutto un divenire, nonostante il testo, accade tutto qui e ora. In base alle risposte capita di modificare qualcosa?

«Già dalle prime battute ti rendi conto di come è il pubblico. Non cambi il testo, ma puoi cambiare ritmo, se il pubblico ha bisogno di più tempo per assimilare il racconto ti adegui».

E poi succede la magia che il pubblico dà corpo ai fantasmi che l’attore evoca sul palcoscenico.

«Già quello che dicevo prima, se tutto funziona e va per il meglio si attiva questa forma di complicità e lo spettacolo va a gonfie vele».

Ruoli drammatici nella sua carriera?

«In don Matteo ero uno che uccideva il suocero».

Non intendevo così drammatici.

«E’ così, o da una parte o dall’altra».

Ma tra comico e drammatico dove va la preferenza?

«Preferisco la chiave comica, mi piace di più. Mi è più congeniale. Ma come dicevo prima nel comico c’è una componente drammatica, un lato oscuro».

“Affetti instabili” è una nuova produzione?

«No, lo porto in scena quando non sono ancora impegnato con le tournée. Come in questo caso. Poi riprenderemo lo spettacolo con Gaia De Laurentis “Come sei bella stasera”, “Pigiama per sei” con Antonio Cornacchione, Laura Curino, Rita Pelusio, Roberta Petrozzi e Rufin Doh, quello con Rino Formicola “Forbici & follia”».

Ma in questo caso è padrone assoluto della scena.

«È così, ogni tanto cambio qualcosa, la finzione è mia. Al pubblico cerco di offrire emozioni raccontando storie».

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