Mi hanno colpito alcune frasi di Ivan Gennaro Gattuso, in arte Ringhio. Rino non solo, con la solita schiettezza, ha riconosciuto l'importanza di aver giocato in una squadra da cui ha ricevuto di più di quanto lui abbia dato, ma ha ribadito il suo essere di origini meridionali, anzi "terrone", come dice lui. Ha anche indicato ai giovani calciatori la via dell'impegno, del sacrificio poter raggiungere e mantenersi a livelli alti; ma soprattutto da grande uomo qual è , non si dimenticato di chi è meno fortunato. Infatti è sua la frase «non dimentichiamoci che noi siamo fortunati, mentre c'è gente che con lo stipendio non arriva a fine mese». Un altro esempio di grande umanità da parte di un campione nel calcio e nella vita.
Andrea Bagaglio
Proprio così: campione d'umanità. E portatore di valori da insegnare a tutti. L'orgoglio delle radici, il senso d'appartenenza a un gruppo, lo spirito di sacrificio, la chiarezza nell'individuare una gerarchia d'obiettivi esistenziali.
E poi d'osservarne il rispetto con coerenza, a volte ruvida se necessario. Quando, mesi orsono, Gattuso fu costretto a fermarsi per un serio problema alla vista, non intonò alcun lamento: disse che, entrando in ospedale, aveva paragonato la sua sofferenza a quella di altri. Soprattutto dei bambini. E che il suo male era nulla in confronto a mali diversi e più preoccupanti.
Non gli è mai mancato ciò che manca a molti, non solo nel calcio e nello sport: saper collocare le cose della vita (gli eventi, le emozioni, le traversie, le gioie) secondo una complessiva classifica d'importanza. Non è solo senso della misura: è senso dell'insieme. È dare realismo alla finitezza, al limite, alla transitorietà.
Esattamente il contrario di quanto spesso esibiscono gl'idoli, compresi in un ruolo cui assegnano un'effimera superiorità, se non un'aura impermeabile alle offese del tempo che passa. E degl'imprevisti che sostano silenziosi dietro le curve della vita. Dentro le curve che racchiudono uno stadio.
Max Lodi
© RIPRODUZIONE RISERVATA