Tra i candidati alla presidenza della Repubblica figurano gli ineffabili Giuliano Amato e Stefano Rodotà. Del primo, chiamato il "dottor sottile" ricordiamo il prelievo sui conti correnti degli italiani nel 1992: cosa che non hanno fatto neppure in Grecia e che è stata fatta a Cipro. E siamo ancora in attesa delle sue proposte sulla riduzione dei costi della politica. Del secondo è noto l'incomparabile sussiego con cui dice banalità. Hanno avuto tanto dalla vita; si accontentino di quello. Non potremmo sopportare gli appelli al sacrificio dell'uno e le banalità dell'altro. Prepariamo i fischietti.
Giuseppe Corti
Amato cavò il Paese da guai grossi. Gli dobbiamo riconoscenza, come a Ciampi. E Rodotà è un giurista apprezzato anche all'estero. Saprebbero entrambi raccogliere l'eredità di Napolitano: hanno le doti per essere buoni presidenti della Repubblica. Altri candidati sembrano assai meno attrezzati alla parte. Quelli, poi, che vengono indicati da parziali sondaggi in base alla loro popolarità possono essere tutto tranne che un attendibile capo dello Stato.
Il quale non va scelto perché sa fare del giornalismo d'inchiesta o è in prima linea nella cura dei malati o per equivalenti meriti professionali, civili, sociali. Va scelto per le qualità politiche, l'esperienza nelle istituzioni, il prestigio internazionale. Le qualità politiche, in particolare, sono un bagaglio positivo, non un retaggio negativo: dal loro corretto utilizzo dipende l'accorta interpretazione d'un compito che negli ultimi anni s'è fatto cruciale nella vita del Paese. Insomma: nessun dilettante, sia pure da applausi, allo sbaraglio. Insediarsi al Quirinale è svolgere un mestiere.
Max Lodi
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